mercoledì 7 ottobre 2015

L’Italia peggio della Grecia E per Renzi il vero incubo si chiama debito pubblico in Avvenire 8 ottobre



L’Italia peggio della Grecia E per Renzi il vero incubo si chiama debito pubblico
GIUSEPPE PENNISI
Così come l’ombra di Banco tormentava le notti di Macbeth, il debito dell’Italia è un incubo per quelle del presidente del Consiglio Matteo Renzi. Nonostante le rassicurazioni del ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, secondo le quali saremmo su un sentiero «sostenibile». Dall’ultimo bollettino di Bankitalia a maggio, il debito ha sfiorato i 2.200 miliardi di euro e dall’inizio del 2015 è cresciuto di 83,3 miliardi. È probabile che a fine anno sarà prossimo vicino al 140% del Pil, in termini nominali.
La Banca dei regolamenti internazionali (Bri) ha pubblicato di recente una nuova base di dati nel fascicolo di settembre della Quaterly Review dell’istituto. Il lavoro compara (ora per 40 Paesi, 26 avanzati e 14 emergenti, ma l’ambizione è di giungere a coprire tutto il mondo) il valore nominale del debito dei singoli Stati con quello di mercato.
Per l’Italia il debito pubblico in senso stretto (core debt) – ossia quello del perimetro delle pubbliche amministrazioni – passa da un valore nominale di 128,6% del Pil a fine 2013 a uno di mercato pari a 138.2%. È un dato che può essere letto in due modi divergenti. Poiché le statistiche del Pil 'a parità di potere d’acquisto' sono omogeneizzate dal Fondo monetario e dalla Banca mondiale, la stima che rileva è quella del valore di mercato.
Un debito di mercato superiore al debito nominale, da un lato, può volere dire che i mercati hanno già messo in conto un’operazione straordinaria 'taglia debito' di cui nessuno (almeno in Italia) vuole sentire parlare. Da un altro, può significare che i mercati si attendano, anzi abbiano già scontato, un aumento dello spread-tassi d’interesse più alti di quelli nei nostri concorrenti e, quindi, un incremento della valorizzazione del debito. In ambedue i casi, la preparazione della legge di bilancio non può ignorare il problema o pensare che possa risolto con una manciata di privatizzazioni di partecipate dallo Stato senza incidere su quelle degli enti locali (le stime variano tra 6.000 e 8.000). Un’azione forte in questo campo vuol dire non solo grane con autonomie locale ma un incremento della disoccupazione.
Nei dati Bri c’è un altro aspetto inquietante: in termini di debito 'a valore di mercato' siamo immediatamente al di sotto della Grecia e quasi al livello del Giappone. Almeno per i prossimi tre anni, il debito greco è 'in sicurezza' a ragione del terzo salvataggio (86 milioni di dollari). Il 95% del debito giapponese è interno. Il nostro è nella mani per metà di italiani e per metà di operatori stranieri. Ove si verificassero nuove tensioni sui mercati finanziari, potremmo essere i primi oggetti di attenzione della speculazione.
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