giovedì 10 settembre 2015

Terremoto a Los Angeles in Avvenire 11 settembre



OPERA Terremoto a Los Angeles
In un quartiere a basso reddito di Los Angeles si intrecciano, a metà gennaio 1994, le esistenze di sette giovani americani di differente estrazione etnica (dallo yankee puro sangue, all’afroamericano, all’ispano americano). Le vicende, tanto “normali” da sembrare quasi banali, finiscono in tribunale e proprio durante l’udienza si scatena il terremoto del 17 novembre. La loro vita cambierà, grazie a una maggiore consapevolezza sociale e della funzione della caduca avventura terrena. Scoprendo che oltre il soffitto (che può crollare) c’è il Cielo.
Questa è in breve I was looking at the cieling and I saw the sky (“Stavo guardando al soffitto e ho visto il Cielo”, frase detta da un terremotato a un telecronista), opera di John Adams su libretto della poetessa afroamericana June Jordan. Negli ultimi dieci anni si è vista in quasi tutto il mondo, tranne in Italia dove arriva stasera al Teatro dell’Opera di Roma (come premessa di un festival di musica contemporanea annunciato per la primavera 2016). L’edizione viene dal teatro Châtelet di Parigi con la regia di Giorgio Barberio Corsetti e la direzione musicale di Alexander Briger, allievo di sir John Mackerras. Il cast è composto da sette giovani cantanti americani (Daniel Keeling, Jeanine De Bique, Joël O’Cangha, Janinah Burnett, Grant Doyle, Patrick Jeremy,Wallis Giunta). La scena è firmata da Massimo Troncanetti (e dal regista), i costumi da Francesco Esposito. Di rilievo i video di Igor Renzetti, Lorenzo Bruno e Alessandra Solimene.
È un lavoro che si differenzia dalle altre opere di Adams per il teatro (come Nixon in China, The Death of Klingofger – vista a Reggio Emilia nel 2000 – e la più recente
Dr. Atomic). Adams è considerato uno dei caposcuola del “minimalismo americano”
(schemi semplici, eseguiti da piccole orchestre), ma le sue opere (specialmente
The Death of Klingofger in cui si giustappongono grandi cori di israeliani e palestinesi) sfiorano il grand opèra. In I was looking at the cieling and I saw the sky, Adams prende una nuova piega. La definisce «song opera», ossia opera costruita su canzoni. Non è un Singspiel (quale Il flauto magico) in quanto non ci sono dialoghi ma le song, a volte a più voci, sono sufficienti allo sviluppo drammaturgico dell’intreccio. L’orchestra è di pochi elementi: tre tastiere elettroniche, un pianoforte, un sassofono, un clarinetto, una chitarra, un contrabbasso ed una batteria jazz. Il “minimalismo” diventa un tappeto sul quale si amalgamano blues, hot jazz, cool jazz, musica ispanica, hard rock, quella “fusione di generi” che si preannuncia come la caratteristica del teatro in musica del XXI secolo. In questa «song opera», i video e le proiezioni corrispondono ai vari stili dei numeri musicali. Grande successo in America e Canada, ha suscitato polemiche a Parigi. Tuttavia, amalgamare generi ha una lunga tradizione proprio nel barocco italiano: si pensi a Catone in Utica (visto quest’estate a Opera Barga e in programma a dicembre al Teatro Verdi di Pisa) in cui Georg Friedrich Haendel usa brani di vari compositori. Oppure a The enchanted island, successo al Metropolitan di New York (visto in Italia in diretta HD grazie al circuito micro cinema) in cui il librettista Jeremy Sam utilizza musica di Vivaldi, Haendel, Rameau ed altri compositori (con gli stili più differenti) per uno spettacolo compatto e di fascino. Il dibattito è aperto.
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Roma, Teatro dell’Opera
GUARDAVO IL SOFFITTO E VIDI IL CIELO
Oggi ore 20.00
Musica
Stasera a Roma «Guardavo il soffitto e ho visto il cielo» sul dramma che nel 1994 sconvolse la metropoli Usa

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