Il festival MiTo è già diventato un mito?
Come
spiegare le dimissioni dei vertici di MiTo, il festival musicale settembrino
parallelo che si svolge contemporaneamente a Milano e Torino? E quali sono i
piani per il futuro? Per il capoluogo piemontese, in particolare, un altro duro
colpo dopo le vicende del Salone del Libro.
Scritto da Giuseppe
Pennisi | venerdì, 25 settembre 2015 · 0
MiTo 2015 – Teatro Regio, Torino –
Il ragazzo del risciò – photo Mattia Boero
LE DIMISSIONI DEL MANAGEMENT
Praticamente alla chiusura della nona edizione del Festival, lo storico direttore artistico Enzo Restagno, il presidente del comitato di coordinamento Francesco Micheli e il segretario generale Francesca Colombo hanno dato le loro “irrevocabili” dimissioni. Restagno le ha motivate con ragioni di età – 74 anni, di cui 30 alla direzione di Settembre Musica a Torino, confluita 9 anni fa in MiTo. Micheli ha sostenuto che intende dedicarsi a tempo pieno alla sua professione originaria, la finanza. Francesca Colombo (criticata spesso sulla stampa per un compenso ritenuto troppo elevato e per la sua breve, e deficitaria, gestione del Maggio Musicale Fiorentino), ha semplicemente detto che vuole nuove attività e nuove strada.
Praticamente alla chiusura della nona edizione del Festival, lo storico direttore artistico Enzo Restagno, il presidente del comitato di coordinamento Francesco Micheli e il segretario generale Francesca Colombo hanno dato le loro “irrevocabili” dimissioni. Restagno le ha motivate con ragioni di età – 74 anni, di cui 30 alla direzione di Settembre Musica a Torino, confluita 9 anni fa in MiTo. Micheli ha sostenuto che intende dedicarsi a tempo pieno alla sua professione originaria, la finanza. Francesca Colombo (criticata spesso sulla stampa per un compenso ritenuto troppo elevato e per la sua breve, e deficitaria, gestione del Maggio Musicale Fiorentino), ha semplicemente detto che vuole nuove attività e nuove strada.
IL RUOLO DI MITO NELLO SCACCHIERE
EUROPEO
Nel 2015, giunto alla nona edizione, MiTo non era più nella fase sperimentale dei tentativi e delle “prove ed errori”. Il festival settembrino, che si svolge quasi in parallelo nelle due maggiori città dell’Italia nel Nord, ormai gareggia con le più importanti manifestazioni musicali internazionali. Nonostante alcune affermazioni in questo senso, non è un Festival di Salisburgo italiano, perché non ha sezione di teatro in musica analoga a quella della novantenne manifestazione austriaca; è piuttosto una sfida al biennale Festival Enescu, che si svolge quasi in parallelo a Bucarest da oltre cinquanta anni, e riguarda essenzialmente la musica sinfonica, cameristica e contemporanea, coinvolgendo le grandi orchestre internazionali e i più noti solisti. Però, mentre sino a qualche anno fa i pellegrini musicali europei da Salisburgo andavano a Bucarest, pochi di loro si sono dirottati verso Milano e Torino.
MiTo è rimasto essenzialmente un festival delle due regioni del Nord Italia, dove spesso portava grandi orchestre e grandi esecutori che, nell’ambito di più ampie tournée, circuitavano in altre manifestazioni (Sagra Malatestiana di Rimini, Sagra Umbra, Festival di Ravello, Anima Mundi di Pisa e via discorrendo).
Nel 2015, giunto alla nona edizione, MiTo non era più nella fase sperimentale dei tentativi e delle “prove ed errori”. Il festival settembrino, che si svolge quasi in parallelo nelle due maggiori città dell’Italia nel Nord, ormai gareggia con le più importanti manifestazioni musicali internazionali. Nonostante alcune affermazioni in questo senso, non è un Festival di Salisburgo italiano, perché non ha sezione di teatro in musica analoga a quella della novantenne manifestazione austriaca; è piuttosto una sfida al biennale Festival Enescu, che si svolge quasi in parallelo a Bucarest da oltre cinquanta anni, e riguarda essenzialmente la musica sinfonica, cameristica e contemporanea, coinvolgendo le grandi orchestre internazionali e i più noti solisti. Però, mentre sino a qualche anno fa i pellegrini musicali europei da Salisburgo andavano a Bucarest, pochi di loro si sono dirottati verso Milano e Torino.
MiTo è rimasto essenzialmente un festival delle due regioni del Nord Italia, dove spesso portava grandi orchestre e grandi esecutori che, nell’ambito di più ampie tournée, circuitavano in altre manifestazioni (Sagra Malatestiana di Rimini, Sagra Umbra, Festival di Ravello, Anima Mundi di Pisa e via discorrendo).
MiTo 2015 – Teatro Franco Parenti,
Milano – Hollywood Night
MITO ED EXPO
Mentre nei primi anni si perdeva un po’ il filo tra l’offerta e i percorsi del MiTo (e ciò dava un pizzico di fascino alla manifestazione), quest’anno i temi fondanti di Expo sono stati il motivo conduttore di 180 concerti, 95 sedi e più di 2.600 musicisti da 33 nazioni che hanno dato vita a una grandiosa festa musicale in entrambe le città. Un viaggio di tre settimane attraverso la musica di tutti generi.
La musica ha sempre avuto un ruolo nelle grandi Expo mondiali. Quella in corso a Milano, sotto il segno di Nutrire il pianeta, energia per la vita, proietta il pentagramma musicale in una prospettiva ricca e complessa. Il cibo e la natura sono stati elementi costanti dell’ispirazione musicale sin dalle civiltà primitive e ritrovano centralità nelle musica del XXI secolo.
Non è questa la sede per fare un consuntivo il vasto programma di MiTo, tanto più che non stati ancora divulgati i dati di bilancio e quelli su presenze e biglietteria. Tuttavia, la stampa locala ha parlato di spettacoli affollati e di buoni esiti, pur ammettendo “scricchiolii” tra le sezioni delle due città. Restagno – occorre sottolineare – aveva annunciato da tempo di voler lasciare. È doveroso riconoscere che è stato lui l’architrave di Settembre Musica a Torino e, senza di lui o senza qualcuno alla sua altezza, la manifestazione minacciava di acchiappare orchestre e artisti viaggianti per l’Italia senza un quadro coerente e rigoroso.
Mentre nei primi anni si perdeva un po’ il filo tra l’offerta e i percorsi del MiTo (e ciò dava un pizzico di fascino alla manifestazione), quest’anno i temi fondanti di Expo sono stati il motivo conduttore di 180 concerti, 95 sedi e più di 2.600 musicisti da 33 nazioni che hanno dato vita a una grandiosa festa musicale in entrambe le città. Un viaggio di tre settimane attraverso la musica di tutti generi.
La musica ha sempre avuto un ruolo nelle grandi Expo mondiali. Quella in corso a Milano, sotto il segno di Nutrire il pianeta, energia per la vita, proietta il pentagramma musicale in una prospettiva ricca e complessa. Il cibo e la natura sono stati elementi costanti dell’ispirazione musicale sin dalle civiltà primitive e ritrovano centralità nelle musica del XXI secolo.
Non è questa la sede per fare un consuntivo il vasto programma di MiTo, tanto più che non stati ancora divulgati i dati di bilancio e quelli su presenze e biglietteria. Tuttavia, la stampa locala ha parlato di spettacoli affollati e di buoni esiti, pur ammettendo “scricchiolii” tra le sezioni delle due città. Restagno – occorre sottolineare – aveva annunciato da tempo di voler lasciare. È doveroso riconoscere che è stato lui l’architrave di Settembre Musica a Torino e, senza di lui o senza qualcuno alla sua altezza, la manifestazione minacciava di acchiappare orchestre e artisti viaggianti per l’Italia senza un quadro coerente e rigoroso.
E ORA, CHE FARE?
Cosa resterà di questa eredità? I rumors puntano sulla creazione di un ente unico. Non credo che l’esperienza delle fondazioni lirico-sinfoniche meriti di essere imitata. Anzi il dualismo tra le due città, attivando competizione e cooperazione, si è dimostrata una formula artistico-organizzativa che in nove anni ha mostrato di avere vantaggi ben superiori alle inevitabili liti tra comari. È urgente comunque che i responsabili politici indichino con chiarezza la linea delle due città sul futuro di MiTo.
Cosa resterà di questa eredità? I rumors puntano sulla creazione di un ente unico. Non credo che l’esperienza delle fondazioni lirico-sinfoniche meriti di essere imitata. Anzi il dualismo tra le due città, attivando competizione e cooperazione, si è dimostrata una formula artistico-organizzativa che in nove anni ha mostrato di avere vantaggi ben superiori alle inevitabili liti tra comari. È urgente comunque che i responsabili politici indichino con chiarezza la linea delle due città sul futuro di MiTo.
Giuseppe Pennisi
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