mercoledì 16 settembre 2015

L’asimmetria dei tassi che interessa un’economia in fase di rallentamento in Avvenire 15 dicembre



L’asimmetria dei tassi che interessa un’economia in fase di rallentamento
Oggi e domani, in un palazzone di Constitution Avenue a Washington, il Consiglio della Federal Reserve si riunisce per decidere se dare un piccolo segnale di incremento dei tassi cosiddetti 'direttori', quelli cioè che incidono sulle diverse tipologie di saggi d’interesse. Dopo mesi di tassi rasoterra si tratterebbe in ogni caso, al massimo, di un aumento dello 0,25%. Perché allora tanta apprensione?
I tassi d’interesse sono 'asimmetrici': non solo influiscono in modo differente (e a volte divergente) tra il Paese che li aumenta (o li abbassa) e gli altri, ma hanno pure un certo grado di irreversibilità. Se si fa uno sbaglio – amava dire tra una parolaccia e l’altra Harry Truman – è difficile tornare indietro.
Seguendo i manuali di politica economica, gli Stati Uniti oggi sarebbero il classico caso per una politica monetaria più restrittiva. L’economia va a gonfie vele (un tasso di aumento del Pil del 3,7% nell’ultimo trimestre) e la disoccupazione è appena al 5% delle forze di lavoro. Gli impegni internazionali rendono infine ardua una riduzione del deficit del bilancio federale (-2,6% del Pil). Un segnale di maggior rigore monetario potrebbe impedire surriscaldamento, inflazione e un ulteriore deprezzamento del dollaro (il cui cambio ha perso circa il 20% negli ultimi 12 mesi).
Tuttavia, il dato sulla disoccupazione va maneggiato con cura: a ragione della recessione 2008-2011, solo il 63% degli americani appartengono alla forza lavoro (ossia sono occupati o ricercano attivamente un impiego). La ripresa economica potrebbe indurre molti scoraggiati a tornare sul mercato del lavoro, con un aumento del tasso di disoccupazione. Anche un atteggiamento neutrale in materia di cambio («siano forti e quindi ce ne infischiamo») potrebbe avere conseguenze non desiderate: la Cina ha deprezzato lo yuan e una guerra valutaria potrebbe essere alla porte.
La vera asimmetria riguarda dunque un’economia mondiale in fase di rallentamento, specialmente perché i Brics (Brasile, Russia, India, Cina, SudAfrica) considerati negli ultimi anni, da alcuni, il nuovo giovane motore internazionale, non tirano più, mentre l’Eurozona continua il letargo della Bella Addormentata. Russia e Cina, poi, sono in piena crisi.
Il Brasile si vanta di essere forte, ma emette obbligazioni appena classificate 'spazzatura'. L’India ha i suoi guai ed il SudAfrica cresce a meno del 2% l’anno. Se in questo quadro, arrivasse un segnale di aumento dei tassi Usa (ed un invito a trasferire capitali oltre Atlantico perché rendono di più), il resto del mondo soffrirebbe non poco. Specialmente l’eurozona dove si intravede qualche tremula fiammella di ripresa.
Giuseppe Pennisi

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