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FESTIVAL ENESCU
Ogni due anni il Festival Enescu è per numerosi
appassionati di musica, la prosecuzione ideale di quello di Salisburgo. Inizia
proprio quando la manifestazione austriaca termina .E’ una manifestazione di grande rilievo
internazionale- Scorriamo alcune cifre: un
budget di 8 milioni di euro (di cui 6 pubblici – Governo centrale, Regione,
Comune) e 2 da sponsor e biglietteria. I prezzi dei biglietti sono bassi (i
primo posti non toccano i 40 euro a raffronto dei 430 di Salisburgo) perché
salari e potere d’acquisto sono contenuti in Romania e si vuole incoraggiare la
massima partecipazione della popolazione. Altri numeri: 22 giorni di festival;
22 lavori di Enescu eseguiti dai maggiori complessi mondiali; tre Baronetti
britannici tra gli artisti; Simon Rattle; Roger
Norrington e Andreas Schiff; dieci vincitori del concorso
internazionale (abbinato da alcuni anni al Festival); 11 tonnellate di
attrezzature unicamente per i concerti dei Berlin Philarmoniker; 9.000 notti di
albergo prenotate per gli artisti; 1.200 voli aerei di linea, 14 charter e due
cargo; oltre mille litri di acqua, 9.000 tazze di caffè, e 3.000 di tè
predisposte per gli artisti durante gli intervalli; la presenza di 26 orchestra
sinfoniche tra cui le quattro considerate il top della concertistica mondiale:
5 opere di cui una portata dal National Theater di Monaco di Baviera
(altra eccellenza). Il primo concerto della giornata inizia alle 11 del
mattino; l’ultimo alle 22.30 e termina ad ore piccolissime.
Il Festival iniziò nel 1958 in pieno regime comunista
per due ragioni: nonostante Enescu fosse apertamente anti-comunista e si fosse
trasferito a Parigi all’arrivo del regime. Da un lato, la pressione della
comunità musicale del Paese perché il massimo musicista romeno venisse degnamente
ricordato. Da un altro, il regime voleva dare prova di tolleranza e indicare
quel distacco dalla linea di Mosca che negli anni successivi divenne una vera
rottura. Nel primo decennio fu un festival di grandissima qualità con la
partecipazione dei maggiori musicisti dell’epoca, quali von Karajan. La
situazione cambiò all’inizio degli anni Settanta quando il Congresso del
Partito Comunista romeno indicò che il Festival dovesse allinearsi al “realismo
comunista romeno”. Venne ridotto in un primo momento da tre-quattro settimane
ad una sola. Venne, poi, incorporato in un festival più ampio di musica
principalmente folcloristica romena. I grandi artisti internazionali, se
invitati, declinarono. Negli anni Ottanta, man mano che l’Est si apriva al
mondo occidentale, ci fu un lento graduale mutamento: il festival diventò
regionale, luogo di confronto tra artisti dell’Europa orientale che si stavano
distanziando dal “realismo socialista”, aprendo a nuove tematiche e ritrovando
quello spirito innovativo che pur aveva contrassegnato la musica anche e
soprattutto russa all’inizio del ventesimo secolo.
Il cambiamento
cominciò con il Festival del 1991 a cui parteciparono grandi nomi
internazionali, anche se il pubblico romeno avrebbe voluto quelli degli anni
Sessanta (alcuni erano deceduti, altri avevano lasciato la carriera). Il vero
cambiamento avvenne nel 1998 quando prendemmo tre decisioni valide ancora oggi:
utilizzare per molti eventi la Sala Grande del Palazzo dei Congressi che può
ospitare sino a 4000 spettatori; iniziare i concerti “di mezzanotte”; estendere
il festival ad altre città del Paese. Nel 2001, poi, inaugurammo la “piazza del
festival”, all’aperto e dedicata principalmente alla musica giovane e
sperimentale».
L’attuale direzione musicale è in scadenza: quali le
prospettive per il futuro? Zubin Mehta sarà il nuovo Presidente ed il direttore
artistico sarà Vladimir Jurowsky, due grandi nomi di livello internazionale. Il
programma per il festival 2017 è pronto. Verrà inaugurato il 2 settembre con un
nuova grande edizione di Oedipe, l’unica opera lirica di Enescu che in Italia
si è vista ed ascoltata al Teatro Lirico di Cagliari. Altro gioiello Mathis der
Mahler di Hindemith, opera che mette in guardia contro tutte le guerre,
specialmente quelle di religione e che vede la religione come stendardo della
libertà. Tornerà l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e con essa altre grandi
orchestre.
Bucarest,
Sala Mare a Palatului, 13 settembre 2015
STRAUSS
Elektra
A. Baltsa, E. Pankratova, R. Pape, A. Schwanewilms, U. Ress, C. Stephinger, M.
Marzio, A. Rahaj, K. Conners, H. Zubanovich, O. von der Damerau, A. Brower, H.
Grötzinger, E. Nakamura, I. Kupke, Coro Academic Radio, Bayerisches
Staatsorchester, direttore Sebastian
Weigle in forma di concerto
La locandina parla di ‘versione da concerto ’. Sarebbe più esatto
utilizzare il termine francese mise en éspace. In effetti, anche se
non c’è scena ed i cantanti sono in abito da sera, recitano nel boccascena
(bellissima la travolgente danza finale della protagonista, effettuata con
mezzi essenziali). Segue la regia di Herbert Wernicke, per anni in scena nel
teatro bavarese , produzione che si è congedata a metà luglio dato dal prossimo
giugno verrà sostituita da un nuovo allestimento curato da Keith Warner.
La Sala Grande del Palazzo dei Congressi ha una buona resa musicale.
Essenziale per la complessa partitura straussiana , dominata da dissonanze e
costruita su una serie di incontri-scontri tra due personaggi ed interventi
polifonici dei comprimari. La Sala ha ben 4000 posti. Dopo due ore di
estenuante tensione, il pubblico è esploso in un quarto d’ora di ovazioni.
L’edizione bavarese vista ed ascoltata a Bucarest mantiene l’impianto
freudiano, a differenza di quella del compianto Chéreau che ha debuttato a Aix
en Provence nel 2013 e si è vista di recente alla Scala. Sesbastian Weigle, sul
podio, evidenzia come sia l’azione sia la musica abbiano una struttura a
ellisse; un’introduzione quasi contrappuntistica (il dialogo delle ancelle per
preparare al monologo di Elettra, Elena Pankatrova) è inserita tra tre altri
confronti, quelli tra Elettra e Crisotemide, Anne Schwanewilms (rispettivamente
sul significato della vita e sul valore della vendetta) e quello tra Elektra e
la propria madre Clinnestra (Agnes Baltsa, a 72 anni è ancora di grande
livello, anche se con un volume debole per una sala così grande). In tutta
questa parte centrale si sovrappongono due tonalità musicali molto differenti
per unificarsi dalla scena del ritorno di Oreste, René Pape, e predisporre il
do maggiore della danza macabra finale
Bucarest,
Sala Mare a Palatului, 14 settembre 2015
BERG
Wozzeck M. Volle, E. Herlitzius, A.
Bezuyen, M. Winkler, M. V. Budoiu, C. Ifrim, M. Jinga, V. Vasiliu, S. Vasile,
Coro e orchestra filarmonici “George Enescu”, direttore Leo Hussain in forma di concerto
Anche questa è una mise en éspace sia a ragione delle
capacità attoriali di Michael Volle e di Evelyn Herlitzius ( e del resto della
compagnia). L’opera è presentata senza intervallo e l’enorme Sala è utilizzata
anche per ravvivare l’azione. Leo Hussain fornisce una lettura secca
dell’opera, tenendo stretti i tempi ed i passaggi dall’una all’altra delle 15
scene. Struggente ovviamente nel quadro finale , quello in cui sono
protagonisti i bambini. I due protagonisti interpretano in modo eccellente i
rispettivi ruoli. Tutti di buon livello gli altri. Questa edizione dovrebbe
entrare nel repertorio dell’Opera Nazionale di Bucarest, un teatro con palchi e
gallerie in stile tedesco di fine ottocento, più raccolto della Grande Sala
(non tutte le file erano piene) e più adatto ad una tragedia intimista come Wozzeck.
Bucarest,
Ateneo Român, 13 settembre 2015
DEBUSSY
La Mer I. 109
ENESCU Caprice Roumain per violino e orchestra BEETHOVEN Sinfonia n. 5 in do
minore op. 67 David Grimal violino
Les Dissonances
Bucarest,
Ateneo Român, 14 settembre 2015
SCHNITTKE
Moz-Art à la Haydn
ENESCU Sinfonia concertante per violoncello e orchestra in si minore op. 8 BRAHMS Sinfonia n. 1 in do minore op. 68 Xavier Phillips violoncello Les Dissonances
I due concerti meritano di essere commentati
insieme. Sono stati tenuti nello Ateneul Román, un vero e proprio gioiello di
architettura musicale inaugurato nel 1888. Una sala di concerto ideale, con non
più di ottocento posti e due ordini di palchetti per quattro persone ciascuno.
Sotto il soffitto a cupola, un murale racconta la storia dei romeni dai tempi
degli antichi romani alla formazione del Regno. E’ inserita in un delizioso
parco e fronteggia il Palazzo Reale. Mentre il Palazzo (ora museo) è stato
distrutto due volte, prima dai bombardamenti dell’Armata Rossa e poi dalla
rivoluzione del 1969, i romeni eressero difese speciali per il loro Ateneul
considerato quasi il simbolo dello splendore della città in quelli che allora
erano i nuovi quartieri art nouveau , pianificati ad immagine di Parigi.
L’ensemble francese “Les Dissonance” è una
formazione molto particolare in quanto non ha un vero e proprio direttore
d’orchestra; di volta in volta ne prende le funzioni uno dei solisti. In effetti,
si tratta di un gruppo di solisti che amano suonare insieme Il segreto consiste
nel grande numero di prove che produce sonorità perfettamente amalgamate.
I due concerti includevano nella seconda
parte brani molto noti come la quinta sinfonia di Beethoven e la prima sinfonia di Brahms, ambedue eseguiti, senza direttore, in modo eccellente da
un gruppo chiaramente molto coeso.
Di maggior interesse la prima parte dei
due concerti. Il 13 settembre ad un brano noto La Mer di Debussy ha fatto seguito il Capriccio romeno di per viola
(David Grimal) e orchestra- una
vera esplosione di gioia con richiami anche alla musica etnica. Il 14
settembre, si è preso il via con un brano di Schnittke denso di ironia (Moz-Art
à la Haydn) – e pensare che si crede che tutti i compositori sovietici siano
noiosi, seguito da una melodica sinfonia concertante per violoncello (Xavier Phililps) ed orchestra. Applausi
e bis.
Giuseppe
Pennisi
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