martedì 30 agosto 2011

LO SVILUPPO E LA MANOVRA TER Il Velino 30 agosto

Ve lo dico io LO SVILUPPO E LA MANOVRA TER
Giuseppe Pennisi
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Roma - Sta per arrivare in Senato la “manovra ter”, il terzo programma di stabilizzazione finanziaria e di crescita economica presentato nell’arco di un mese sotto la pressione dell’emergenza e tale, quindi, da disorientare gli osservatori, italiani e stranieri. Non sarebbe opportuno entrare nei contenuti senza prima conoscere, e studiare, i dispositivi normativi. Sarebbe futile chiedersi chi sono i vincitori e i vinti, nell’ambito della coalizione governativa, di questa manovra ter che si presume diventerà un maxi emendamento del governo, di maggior peso (proprio per il valore di indirizzo che hanno gli atti dell’esecutivo) delle centinaia di emendamenti già presentati a Palazzo Madama. Occorre, però, chiedersi che fine ha fatto lo sviluppo nella manovra ter, una serie di misure rivolte da un lato a una “grande riforma costituzionale” di lungo periodo (se le relative leggi costituzionali verranno approvate in tempo) e da un altro a ridurre spese e alimentare entrate aggiuntive nei prossimi esercizi di bilancio? La Nemesi storica fa sì che la manovra ter viene licenziata proprio in parallelo con le notizie secondo cui le stime del Fondo monetario internazionale e dei 20 maggiori istituti econometrici stranieri hanno abbassato le prospettive di crescita reale per l’Italia nel resto del 2011 e nel 2012. Metà dei 20 istituti annunciano una nuova recessione. A maggior ragione sarebbe stato necessario un tonico, specialmente per affrontare quello che oggi è il maggiore problema economico, sociale e politico del Paese: la disoccupazione giovanile. Oggi la Banca d’Italia ha documentato che la manovra ter avrà effetti restrittivi e potrà aggravare il fenomeno dei giovani senza lavoro.


C’è un silenzio assordante in materia. I comunicati quasi non trattano l’argomento. Si deve pensare che le pallide misure per lo sviluppo inserite nel decreto legge 138 dello scorso 13 agosto siano rimaste immutate. Ma dato che si metteva mano in modo cospicuo al suo testo questo sarebbe stato il momento per quello scatto che si attende da mesi. Si sarebbero potute includere due misure concrete: a) Un rilancio dell’investimento pubblico. Di recente, la Banca mondiale, il Fondo monetario e il maggior istituto tedesco di analisi economica hanno pubblicato analisi eloquenti sui nessi tra infrastrutture e sviluppo. Su questa base si sarebbero potuto prendere queste misure: 1) chiudere le “contabilità speciali” considerate tesoretti privati di dicasteri e di singoli funzionari ed utilizzarne il ricavato per investimenti tali da aumentare produttività e competitività: 2) chiedere alle autorità europee golden rule ed eurobonds finalizzati ai grandi investimenti; 3) aumentare il ruolo e la capacità di valutazione e verifica delle unità preposte a questo scopo al Ministero dello Sviluppo Economico, in Presidenza del Consiglio (Dipartimento Affari Regionali) e altrove. b) privatizzare la Rai (ormai ridotta a una lite continua, a un’azienda mangiasoldi e distinta e distante da ogni forma di servizio pubblico). Attenzione: lo si può fare ancora nel maxi-emendamento governativo.
(Giuseppe Pennisi) 30 Agosto 2011 12:17

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