ALLE TERME DI CARACALLA L’AIDA TORNA INTIMISTA
Roma - A Roma l'opera verdiana diventa minimal, stilizzata e molto moderna: uno spettacolo elegante e controcorrente
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Roma - Per festeggiare il 50esimo allestimento di “Aida” alle Terme di Caracalla, è stata presentata una produzione di cui tutti coloro che vi hanno lavorato debbono essere fieri. È uno spettacolo elegante e controcorrente, specialmente se lo si raffronta con le 49 edizioni precedenti documentate (anche fotograficamente) in un bel volume prodotto per l’occasione. È un’“Aida” minimalista, in un Egitto appena accennato da alcuni elementi scenici, una regia bidimensionale (ossia senza giochi di prospettive) in cui interpreti e masse (ridotte all’essenziale) guardano il pubblico e i movimenti sono ispirati ai geroglifici egiziani e al teatro Nō giapponese. Grandi giochi di luci sulle grandiose rovine che esprimono stati d’animo, in linea con la musica. Lo spettacolo, raffinatissimo, ricorda per certi aspetti quello firmato del 1978 da John Dexter per il Metropolitan di New York e rimasto in cartellone per due lustri, oppure quello di Bob Wilson visto a Roma nel 2009 e coprodotto con Londra e Bruxelles. La regia di Micha van Hoecke, gli elementi scenici e i costumi di Carlo Savi, le luci di Agostino Angelini sono un modo nuovo di leggere “Aida” come opera non solo intimista (così la concepì Verdi per un teatro, quello del Cairo, che ospitava non più di 700 spettatori ed era modellato sul Valle di Roma) ma soprattutto altamente stilizzata e molto moderna. Uno spettacolo che forse rende meglio al chiuso che all’aperto ma che è stato salutato da caldi applausi dal tutto esaurito, nonostante il sistema di amplificazione lasci ancora un po’ da desiderare.
Mentre nel 2009 la direzione musicale di Daniele Oren, osannato dal pubblico romano, appariva scollata da quanto avveniva: tempi veloci, accenti forti, nessun presagio novecentesco che si avverte nella complessa partitura verdiana. Asher Fisch concerta mettendo in risalto il sinfonismo intimista della partitura e la sua ricchezza, per quanto consentito in un teatro all’aperto. La cinese Hui He ha trionfato nel ruolo della protagonista, ottenendo più volte l’applauso a scena aperta: ha un timbro chiarissimo, vasta estensione, perfetta dizione. Walter Fraccaro è il “tenore spinto” che offre il mercato; timbro poco elegante e qualche sbavatura nell’aria iniziale ma adeguato nel terzo atto, generalmente terrificante per i tenori. Giovanna Casolla sta cercando di trasformarsi da soprano drammatico a mezzo-soprano: le gioverebbe un maggior controllo del volume. Alberto Mastromarino mantiene un’alta qualità. Rafal Siwek è un capo dei sacerdoti di livello.
(Hans Sachs) 03 Agosto 2011 13:03
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