sabato 14 maggio 2011

NELLA NUOVA “TRAGEDIA GRECA” NON RESTA CHE RISTRUTTURARE IL DEBITO Avvenire 15 maggio

Giuseppe Pennisi
Siamo arrivati alle ultime scene di una vera e propria tragedia che riguarda non soltanto la Grecia ma tutti noi. Siamo , infatti, di fronte a due alternative che paiono estreme ma malauguratamente sono realistiche.
Nella prima ipotesi, il Governo di Atene cercherà di attuare puntualmente la nuove richieste formulate dalla Banca centrale europea (Bce) e dal “club di Londra” (il principale gruppo di creditori privati, operante dal 1976, come interfaccia di debitori “sovrani” in difficoltà).Ne risulterà, probabilmente, il caos politico e sociale: i programmi prevedono un saldo primario attivo del 6% del Pil per almeno i prossimi dieci anni, ossia una forte riduzione dei servizi reali alla collettività e dei salari per una generazione. In un Mediterraneo già in fiamme, l’incendio potrebbe estendersi.
Nella seconda, nonostante le assicurazioni verbali, il Governo opterà per un’improvvisa insolvenza di vaste proporzioni: un’insolvenza mascherata è già nei fatti visto che sul mercato secondario chi compra titoli greci a medio termine attirato da tassi d’interesse del 16% (rispetto al 3,3% di quelli tedeschi) ottiene uno sconto almeno del 30%. Un’insolvenza improvvisa di vaste proporzioni farebbe temere mosse analoghe da parte di Spagna e Portogallo. Anche ove la Grecia non uscisse formalmente dall’eurozona , l’unione monetaria soffrirebbe una perdita di credibilità. L’intero disegno d’integrazione europea sarebbe a repentaglio. Tanto più che avverrebbe quasi all’indomani della sospensione unilaterale ( da parte di alcuni Paesi) del trattato di Schengen sulla libertà di circolazione delle persone.
Siamo, quindi, tra l’incudine ed il martello. Le tragedie greche si concludono o con la catarsi o con il deus ex-machina in grado di sciogliere i nodi più difficili.
La catarsi è da evitare. La modellistica econometrica suggerisce che l’uscita sostanziale dall’euro costerebbe alla Grecia, nell’immediato, almeno 5 punti di Pil in aggiunta ai 6,5 che probabilmente perderà nel 2011 ed ai 6 già perduti nel 2008-2009 – una contrazione, di oltre il 20% del reddito nazionale. Ove, la recessione continuasse dopo il 2012, prima di riprendere a crescere, il reddito nazionale subirebbe una riduzione del 40% rispetto al livello del 2007. Anche nell’ipotesi che, con qualche marchingegno si riesca a salvare formalmente l’eurozona, il resto d’Europa non potrebbe non subire un effetto di trascinamento.
Il des ex machina potrebbe essere una ristrutturazione ben concertata del debito greco, coinvolgendo il “club di Londra” nel suo allestimento e nel monitoraggio della sua attuazione. Prendendo ad esempio casi di successo, si dovrebbero allungare le scadenze del debito (abbassandone, quindi, il valore attuale) e rendere meno pesanti le condizioni di politica economica interna. Converrebbe anche alle banche creditrici che subirebbero perdite meno pesanti di quelle di un’insolvenza non programmata ed il conseguente caos nei mercati. Converrebbe ai contribuenti tedeschi, restii a mostrare clemenza nei confronti di chi si è fatto la fama di razzolare male. Converrebbe alla stessa Bce (l’istituzione più ostile ad una ristrutturazione: Trichet ed il suo direttorio non si rendono conto di essere in un gioco ad ultimatum . In cui, come in quello di Don Giovanni e del Commendatore (nelle varie versioni del mito), ambedue finiscono all’inferno.

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