InScena
A Roma il vero mattatore di Nabucco è il coro
Nabucco di Giuseppe Verdi è considerata, più a torto che a ragione, opera risorgimentale. Quindi è stata scelta come evento musicale centrale delle celebrazioni per i 150 anni dell'unità d'Italia. Il nuovo allestimento è in scena a Roma fino al 24 marzo.
Il maggior pregio di questa rilettura risiede in regia, scene, e costumi curati da Jean-Paul Scarpitta e Maurizio Millenotti che hanno nulla di hollywoodian-celebrativo. In un bianco-e-nero alla Gustavo Dorè, pongono l'accento sui drammi del popolo ebraico in cattività a Babilonia e dei protagonisti (nello scombinato libretto di Temistocle Solera, un po' tutti perdono la Fede per riacquistarla). La direzione musicale è affidata a Riccardo Muti, che ha diretto l'opera decine di volte. La sua bacchetta accentua ritmo e impiego dinamico del coro. Quest'ultimo, diretto da Roberto Gabbiani, è il vero mattatore. Di rigore il bis di Va Pensiero a cui, al coro, si aggiungono gli spettatori. Il re assiro è il veterano Leo Nucci, settantenne ma, grazie alla destrezza tecnica, efficace. Le scoperte sono due giovani: l'ungherese Csilla Boross nell'impervia parte di Abigaille (un soprano drammatico di coloratura) e l'ucraino Dmitry Beloselsky nel ruolo di Zaccaria (basso di agilità). Ambedue però hanno difficoltà di dizione e purtroppo, come avviene spesso quando dirige Muti, non ci sono sovratitoli per aiutare il pubblico. Il tenore Antonio Poli è una buona promessa. Di livello gli altri. (riproduzione riservata)
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