SE LA SPESA PUBBLICA AUMENTA IL DOPPIO DELLA CRESCITA
Giuseppe Pennisi
Se la nostra diplomazia economica riuscirà a fare emendare il “patto per la competitività” proposto da Francia e Germania , eviteremo la necessità di una manovra di finanza straordinaria per ridurre disavanzo e stock di debito pubblico. Scanseremo la tanto paventata “patrimoniale” che potrebbe innescare una crisi di fiducia nei confronti dell’Italia . Non per questo, dovremo stappare bottiglie di prosecco. Esaminando i dati dei conti territoriali dell’Italia, ci si accorge che le varie terapie adottate negli ultimi lustri hanno avuto risultati ben inferiori a quelli auspicati. Lo spettro di misure di finanza straordinaria resta sempre presente.
Nel periodo 1996-2008 in cui il Pil aumentava complessivamente del 156.75%, la spesa delle pubbliche amministrazioni centrali dello Stato e degli enti locali cresceva del 225.76%. Nonostante i blocchi alle assunzioni, il contenimento di salari e stipendi, il “metodo Gordon Brown” del 2002-2006, e le “spending reviews” del 2006-2008, i tagli “lineari” in atto dal 2008 e la contrazione degli investimenti pubblici, la spesa per gli apparati politici ed amministrativi è aumentata ad un tasso doppio di quello della produzione di beni e servizi. Oltre ai tentativi ricordati,va menzionata l’”eurotassa” varata nel 1996 per entrare nel gruppo di testa della moneta unica. Ove le misure adottate avessero avuto unicamente l’esito d’ allineare la crescita della spesa per amministrazioni a quella del Pil, quest’anno la spesa pubblica sarebbe inferiore di ben 30 miliardi di euro (2 punti percentuali di Pil) con un miglioramento significativo della posizione dell’Italia e in termini di rapporto deficit: Pil e d ’andamento del rapporto tra stock di debito e Pil. L’aumento della spesa “amministrativa” è stato più rapido nelle Regioni “forti” che in quelle “deboli”. Si trae l’impressione che nelle Regioni “forti” le amministrazioni centrali hanno inteso avere la strumentazione per controllare il decentramento. Un proposito in contrasto sia con l’esigenza di frenare la spesa sia con gli obiettivi stessi di trasferimento di funzioni dal centro alla periferia.
In secondo luogo, ove allo stock di debito pubblico ufficiale, si aggiungesse il “debito occulto” quali i crediti nei confronti di imprese ed anche di individui (ad esempio, per chi è andato recentemente a riposo non sono stati ancora erogati gli effetti di alcuni aumenti contrattuali definiti dopo il loro pensionamento per periodi in cui era ancora in servizio), il rapporto rispetto al Pil aumenterebbe (secondo un’analisi dell’associazione di ricerca Astrid) di sei punti percentuali, portandolo attorno al 125% . Le cifre sarebbero ancora maggiore se si aggiungessero stime dei rimborsi IVA.
Cosa fare? Realisticamente è difficile pensare ad una drastica riduzione degli apparati anche perché anche ove si tagliasse a livello politico, resterebbe il problema di assorbire i dipendenti. Nel resto del mondo due metodi si sono rivelati efficaci. Negli Stati Uniti, l’obbligo di una rigorosa analisi costi benefici dei provvedimenti con controlli incrociati delle valutazioni dell’Esecutivo e del Parlamento: la misura è stata introdotta dalla prima Amministrazione Reagan e da allora mai modificato né da nuovi inquilini della Casa Bianca né dalle maggioranze che si sono avvicendate a Capitol Hill. In Francia, il programma della razionalizzazione delle scelte di bilancio con il quale si è portato il Paese all’accordo del Louvre del 1987 che sanciva un tasso di cambio fisso tra franco e marco tedesco. In base al programma le analisi delle pubbliche amministrazioni (su come ridurre costi) venivano pubblicate ed erano oggetto di dibattito pubblico. Quelle della verifica e del dibattito trasparente sono le strade che varrebbe la pena di battere anche da noi.
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