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ECO - La strada stretta del risanamento
Roma, 16 mar (Il Velino) - I comunicati vanno letti con attenzione; non sembra che ciò che abbia fatto gran parte della stampa italiana con il testo diramato dai capi di Stato e di Governo dell’Unione Europea al termine della riunione del 14-15 marzo, una sessione specialmente importante in quanto prepara il Consiglio europeo del 24-25 marzo quando i capi di Stato e di Governo dell’Ue, e in particolare dell’eurozona, metteranno definitivamente a punto le nuove regole per la convergenza e la stabilità. Il testo è chiaro. Per non ingenerare dubbi lo riportiamo nell’originale inglese: To determine whether the debt ratio is sufficiently diminishing toward the 60 per cento of GDP threshold, a numerical benchmark would be introduced. A debt-to-GDP ratio above 60 per cento would thus be considered sufficiently diminishing if its distance with respect to the 60 per cento reference value had decreased over the previous three years at an annual rate of onetwentieth. However, a decision to subject a country to the excessive deficit procedure would not only be based on the numerical benchmark, but would also take into account other relevant factors, such as implicit liabilities related to private sector debt and ageing cost. The net cost of implementation of a pension reform would also be considered. Senza mezzi termini, vuole dire che nel valutare il peso del debito sul Pil, unicamente in via eccezionale verrà presa conto la richiesta dell’Italia di considerare non solo lo stock di debito delle pubbliche amministrazioni di ogni ordine e grado ma anche quello privato. Quest’ultimo potrebbe essere eventualmente preso in considerazione nel valutare l’indebitamento netto delle pubbliche amministrazione (ossia il disavanzo annuo dei conti pubblici, ancora una volta di qualsiasi livello (dai Ministeri e dai Comuni) da riportarsi al più presto al di sotto del 3 per cento l’anno.
Cosa implica tutto ciò per l’Italia? Il resto del comunicato è specifico in quanto dettaglia i tempi e i modi sia per ridurre il rapporto stock di debito-Pil sia per arrivare a un indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni inferiore al 3 per cento del Pil. In soldoni, ciò vuole dire una manovra di 20 miliardi circa per i prossimi tre anni. Ciò spiega perché siano state congelate somme attribuite a tutti i ministeri (non solo quello dei Beni Culturali) con l’eccezione di quanto stanziato per università e ricerca scientifica in attesa di avere un quadro più chiaro delle entrate. Mentre in passato manovre di questa portata venivano effettuate in gran parte dalle entrate (aumentando tasse e imposte), oggi ciò non è più possibile né sotto il profilo politico né sotto quello economico. In Italia, ma anche in molti Stati Ue, i governi sono stati eletti sulla promessa di una riduzione della pressione fiscale: con una pressione fiscale-contributiva sul 45 per cento del Pil è impossibile competere con aree dove essa non supera il 30 per cento (Nord America) o il 20 per cento (Paesi emergenti). L’unica strada aperta è quella della privatizzazioni: anche di comparti ritenuti, a torto o ragione, strategici, sempre che si trovino acquirenti. In parallelo, all’ormai atteso aumento dei tassi d’interesse si deve contrapporre una forte ripresa delle liberalizzazioni al fine di non strangolare sul nascere quel po’ di crescita ora in atto.
(Giuseppe Pennisi) 16 mar 2011 11:55
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