Il Premio Nobel per l’Economia verrà conferito a tre economisti americani, Leonard Hurwich (di origine russa e con 90 anni compiuti) della Università del Minnesota, Roger B. Meyerson della Università di Chicago e Eric Maskin della Università di Princeton. L’area di interesse comune dei loro studi è l’allestimento di meccanismi tali da ridurre le asimmetrie informative che maggiormente inficiano il funzionamento del mercato. Già nel 2001 l’Accademia delle Scienze Svedese aveva conferito il Nobel a tre economisti (George Akerlof, Michael Spence e Joseph Stiglitz) il cui lavoro di analisi è stato principalmente in materia di economia dell’informazione.
Sfogliando i servizi giornalistici pubblicati il 16 ottobre sul Nobel (anche su stampa qualificata) si ha l’impressione che i tre “laureati” questo ottobre (ed i tre “laureati” nel 2001) abbiamo elaborato teorie complicate, condite di molta matematica avanzata ma prive di rilevanza pratica.
Quanto di più errato! L’economia dell’informazione è la disciplina di cui maggiormente si dovrebbero abbeverare i politici ed i giornalisti in quanto concerne il loro lavoro, anzi la loro vita, di ogni giorno. Purtroppo, come sottolineiamo in questo “orientamento quotidiano”, è poco studiata nelle università italiane dove gli insegnamenti, specialmente quelli di politica economica, sono ancora dominati dalla macro-economia di stampo neo-keynesiano.
Perché politici e giornalisti (oltre a molte altre categorie) dovrebbero andare alla fontana dell’economia dell’informazione per meglio plasmare i loro comportamenti? E cosa si è fatto e si fa in Italia in materia?.
In primo luogo, l’economia dell’informazione analizza le imperfezioni di tutti i mercati (da quello delle cipolle e dei fagiolini a quello dei voti in una contesa elettorale) derivanti dalle “asimmetrie” informative. Un soggetto ha più informazioni di un altro oppure uno stock di conoscenze differente da quello di un altro: la stessa “news” (per utilizzare il gergo giornalistico) viene percepita o compresa in modo differente. Sovente politiche e misure economiche dirette a certi obiettivi, ne raggiungo altri o perché il politico fraintende il tecnico (e viceversa) oppure perché gli intenti del politico (sovente mediati dalla stampa) vengono fraintesi da altri politici e dall’opinione pubblica. Naturalmente, il fenomeno non riguarda soltanto o prevalentemente i politici ma tutti i mercati: alcune delle prime analisi empiriche riguardavano i mercati del lavoro e dell’istruzione e vennero fatte dall’Institute of Development Studies dell’Università di Nairobi all’inizio degli Anni 70 (vi fui associato a ragione dell’incarico che allora avevo in Banca mondiale). Dato, però, che questo “orientamento quotidiano” è seguito molto da politici e da giornalisti, si è fatta un’esemplificazione che riguarda specialmente i mercati di loro pertinenza.
In effetti mentre già una ventina di anni fa Enrico Saltari, ora all’Università di Roma La Sapienza, ha pubblicato una pregevole (ma ormai introvabile in commercio) antologia di saggi di economia dell’informazione (introducendola di fatto in Italia), gli studi empirici effettuati nel nostro Paese riguardano specialmente gli effetti e gli impatti dell’informazione giornalistica su alcune variabile economiche: quelli di Tivegna e Chiofi studiano le news ed i tassi di cambio e quelli pubblicati dalla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (si possono ottenere , al costo delle spese postali, richiedendoli a relistituzionali@sspa.rupa.it) analizzano l’informazione giornalistica in materia di previdenza e le sue conseguenze sui flussi di pensionamento di anzianità e gli effetti delle news sui prezzi nella delicata fase della transizione dalla lira all’euro. L’approccio è strettamente quantitativo e impiega ovviamente alta matematica applicata (costruendo per la bisogna appositi modelli econometrici). Interessante la conclusione dello studio su informazione giornalistica , transizione all’euro e prezzi: una comunicazione pubblica meglio tarata (da parte di tutti gli interessati – dai politici, ai loro portavoce, ai giornalisti) avrebbe contenuto l’”ansia inflazionistica” su alcune categorie di merci e servizi (ed i suoi effetti sui prezzi). Veniamo, quindi, proprio ai meccanismi per ridurre asimmetrie informative. Ed al Nobel 2007.
Riferiment
De Filippi G. Maiolo S. Marzano A., Pennisi G. Savastano S. Scandizzo P.L, Zecchini S. I media, l’economia e la pubblica amministrazione Sspa Editrice 2005
Choi D., De Filippi G., Pennisi G. La net economy nella pubblica amministrazione 2004 : news e mercato del lavoro Sspa Editrice 2003
Saltari E. Informazione e teoria economica Il Mulino 1990.
Tivegna M, Chiofi P. News e tassi di cambio Il Mulino 2000
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
ottima analisi
Posta un commento