mercoledì 3 ottobre 2007

IL BOOM DEI COMMODITY? MANEGGIARE CON CAUTELA

Prima o poi, doveva arrivare. E portare con sé notizie buone e meno buone. La forte crescita economia dell’Estremo Oriente (Cina, in primo luogo) e dell’India ha, da un lato, creato una nuova vasta classe di consumatori (con appetiti per i prodotti ed i servizi occidentali) e, da un altro, innescato tensioni sui mercati delle materie prime e dei prodotti di base. In Europa più che in America, ciò minaccia di mettere in moto una nuova spirale inflazionistica. Trecento milioni di cinesi hanno superato, negli ultimi dieci anni, la barriera della povertà (lo standard internazionale secondo cui si è poveri se una famiglia di due persone ha un reddito che è la metà del reddito medio del Paese in questione) ed 80 milioni (ossia tanto quanti i tedeschi) hanno un reddito superiore a quello medio dell’Ue a 27 e pari a quello dell’area dell’euro.
In un saggio ancora a circolazione limitata (NBER Working Paper No. W13184), il Premio Nobel Robert Fogel avverte che se le tendenze degli ultimi 20 anni continuerano nel 2040 il pil della Cina sarà pari a tre volte la produzione mondiale di beni e servizi computata per il 2000. Un mutamento strutturale di tali dimensioni non può non scombussolare l’economia mondiale. Aprendo, però, anche interessanti opportunità.
All’ultima conta, computato in dollari Usa, l’indice aggregato delle materie prime dell’Economist è cresciuto, in 12 mesi, del 26%; quello dei prodotti alimentari del 45%; computato in euro, l’indice aggregato è cresciuto del 13% , quello degli alimentari dell’8%. Negli ultimi cinque anni, in dollari Usa, i prezzi del petrolio sono aumentati del 158%, quelli del frumento del 126%, quelli del nickel addirittura del 415%. Alla Banca centrale europea (Bce), si stima che nel 2008 sarà difficile tenere la crescita dell’inflazione nell’area dell’euro al di sotto del 2% (come prescritto negli Statuti dell’istituto), alla Federal Reserve si ritiene che nell’eurozona l’inflazione viaggerà sul 2,5% l’anno, costringendo la Bce ad una manovra restrittiva. Ciò vuol dire che in settembre c’è stata solamente una pausa nella strategia di rialzo graduale dei tassi. In ottobre, la Bce potrebbe ritoccare all’insù il pronti contro termine.
Ciò avrà necessariamente effetti negativi sui mercati finanziari? Non è detto. Un’analisi del Centro di Ricerca Economica Europea tedesco (per avere il testo si scriva a mio nome a oberndorfer@zew.de, precisando, se si vuole, di inviare la versione in inglese) dimostra che la crisi delle forniture di gas russo all’Ucraina (che si temeva si estendessero al resto d’Europa) non ha avuto alcun effetto di rilievo sulle Borse , neanche nel campo (molto volatile) delle azioni del comparto dell’energia in quanto, in parte, l’accentuazione della volatilità è stata, in parte, messa in conto ai primi annunci russi e, in parte, riequilibrata dall’espansione (inattesa) degli utili di molte aziende a ragione dei ritocchi ai prezzi dell’elettricità. Un altro studio del Centro (scrivere a dannenberg@zew.de per il testo integrale) conclude che il maggior rigore in termini di regolazione ambientale (che potrebbe essere innescato dall’aumento dei prezzi di materie prime nel campo dell’energia) potrebbe avere impatti su alcune aziende ma non farebbe neanche un soffio (negativo o positivo) agli andamenti macro-economici Ue (ai quali rispondono i mercati).
Un corollario potrebbe essere quello di aumentare gli investimenti in materie prime od in titoli strutturati che hanno i prodotti di base come sottostante. Occorre cautela, da un lato, alcuni prodotti (si pensi al nickel) potrebbe avere toccato vette dove assestarsi od anche cominciare a discendere. Da un altro, attenzione alla trasparenza dei prospetti e dei libri contabili. Robert W. Macgee della Andreas School of Business di Barry University (bob414@hotmail.com) sta circolando tra gli addetti ai lavori un’analisi dettagliata di come le aziende del settore russo dell’energia (uno dei più internazionalizzati ed avanzati) pubblicano la loro contabilità; adottano standard internazionali ma pubblicano i dati molto più tardi di imprese analoghe nel resto del mondo.

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