lunedì 22 ottobre 2007

ADDIO ALLE PENSIONI DI DINI, E PANTALONE PAGA

Il 88 ottobre, mentre all’Isae (ente di ricerca controllato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze) si teneva il convegno internazionale annuale di “monitoraggio” sulla politica economica italiana, veniva inviato in Parlamento il disegno di legge, ddl, sullo stato sociale modificato in seguito alle ultime trattative con i sindacati. L’aspetto saliente è un non tanto lungo addio a quella riforma Dini che nel 1995 introdusse, molto gradualmente, il metodo contributivo per il calcolo delle spettanze previdenziali.
Il pensionamento della riforma del 1995 viene effettuato con due strumenti tecnici: a) l’introduzione di una soglia pari al 60% dell’ultima retribuzione (non è chiaro se per tutte le fasce di reddito o soltanto per quelle a reddito medio-basso) da garantire integrando con la mano pubblica l’assegno previdenziale di vecchiaia calcolato con il metodo contributivo e b) l’ampliamento dei lavori da considerare usuranti per avere titolo a pensioni di anzianità. In effetti, definire una soglia alle pensioni di vecchiaia (analoga all’”integrazione al minino” vigente nel passato) non rappresenta di per sè la rinuncia alle basi del sistema contributivo. La stessa riforma Dini prevede un “assegno sociale” per gli anziani privi di altri redditi e le cui pensioni portino all’indigenza. La monumentale rassegna (700 pagine a stampa fitta) della venticinquina di sistemi contributivi attualmente in vigore fatta da Robert Holzmann e Edward Palmer mostra che tali soglie esistono un po’ dovunque. Una soglia del 60% implica però un tasso di sostituzione (tra ultimo stipendio e pensione) molto superiore a quello mediamente in vigore in molti Paesi europei – in Gran Bretagna, Francia e Germania si va dal 25 al 50%. Tale tasso non potrà mai essere finanziato (come prevedeva “a regime” la riforma Dini) con il montante dei contributi (anche solo figurativi) accumulati. Quindi, si dovrà fare ricorso sempre più a Pantalone (a ragione dell’andamento demografico), mandando definitivamente a riposo il sistema contributivo allestito da Dini & Co.
Ove ciò non bastasse, il contributivo viene fatto a pezzi dall’allargamento delle causali per pensioni di anzianità tramite una molto più ampia definizioni di lavori usuranti. Tutto ciò pone oneri sempre più pesanti sulle generazioni future e rende l’intero sistema di sicurezza sociale più fragile e più esposto ai venti del processo di integrazione economica internazionale (lo sostiene la International Social Security Review, nel cui consiglio scientifico siedono sindacalisti di rango). Il Fmi ha già arricciato il naso per il “bye, bye Lambertow”. I monitori riuniti nel bel villino di Piazza Indipendenza (sede dell’Isae) hanno un borbottato un pò. Ma ormai la decisione è preso: il vitello da immolare alla Santa Alleanze dell’Unione è la “Lambertow’s reform”. Il Senatore ed i suoi fedeli sono davvero pronti a fare tale fine?

Nessun commento: