Mentre in Italia, il mondo dell’economia (e non solo) era in attesa di sapere se all’interno del sinedrio dell’Ulivo e del Governo si fosse raggiunto un accordo sulla legge finanziaria (e quali ne fossero i contenuti), a Washington l’ex Ministro francese dell’Economia e delle Finanze Domique Strauss-Kahn veniva formalmente “eletto” Managing Director (in pratica Amministratore Delegato) del Fondo monetario internazionale (Fmi ), carica che pare sarebbe piaciuta anche ad alcuni italiani (da TPS e Mario Draghi).
Sarebbe stata la prima volta che un italiano avrebbe assunto l’incarico di guidare il Fmi. E soprattutto ciò sarebbe avvenuto in un momento particolarmente delicato per l’istituzione che ha urgente necessità di riforma. Creata nel 1944 per effettuare prestiti a breve termine a Paesi membri in difficoltà e finanziata quasi interamente dai proventi di queste operazioni (ossia dagli interessi sui prestiti), è essa stessa in ambasce: sono pochissimi i Paesi che si rivolgono al Fondo e, di conseguenza, i suoi proventi sono notevolmente alle spese operative , con l’implicazione di dover ridurre l’organico ed anche procedere a vendite di parte dell’oro delle sue riserve.
Ove la situazione non fosse abbastanza complicata, un gruppo di Paesi asiatici (le cui riserve in valuta ed in oro sono ormai vastissime) progettano di dar vita ad un Fondo monetario asiatico, rendendo in gran misura fuori uso quello con sede centrale a Washington. In ogni caso, si devono rinegoziare le “quote” (ossia la partecipazione ) dei maggiori Paesi al Fondo e quindi i diritti di voto. L’Amministrazione Bush ha dato la propria approvazione ad un aumento delle “quote” (e dei diritti di voto) di Cina, Corea del Sud, Messico e Turchia. Atri Paesi bussano alla porta, Nel suo discorso di insediamento il 28 settembre, Strauss- Kahn ha indicato che vorrà guidare riforme drastiche dell’istituzione di cui è capo.
Cosa succederà all’Italia in questo contesto? Un documento interno del servizio studi della Banca centrale europea, Bce – nel frontespizio si precisa tutto tondo che esprime soltanto le idee degli autori e non quelle della Bce - non fa presagire nulla di buono. E’ stato diramato il 25 settembre su Internet e non è chiaro se al Ministero dell’Economia e delle Finanze (presi dalla preparazione della finanziaria) lo abbiano letto, studiato e metabolizzato.
Si tratta dell’ECB Occasional Paper No. 70 dal titolo "The Search for Columbus' Egg: Finding a New Formula to Determine Quotas at the IMF". Ne sono autori tre alti funzionari della Bce: Martin Skala, Christian Thiman e Regine Wölfinger . La prima parte è un’attenta analisi del sistema attuale. La seconda esamina varie proposte in campo. E’ abbastanza chiaro che l’ipotesi favorita è quella di mutare lo stato giuridico della Bce negli organi del Fondo: da osservatore a componente vero e proprio. E’ anche abbastanza evidente, però, che Francia, Germania e Gran Bretagna (che non appartiene alla Bce) non hanno alcuna intenzione di lasciare i propri seggi permanenti. La soluzione possibile è di lasciare le loro poltrone ai tre grandi e assegnare un seggio europeo (a rotazione) agli altri – compresa l’Italia che sarebbe la prima ad essere graziosamente ringraziata un volta completata la riforma del Fondo. Per la sinistra radicale si tratta comunque di istituzione da abbattere. Tps ha la bocca amara per non avere avuto il posto di Strauss-Kahn. E Prodi, in tante altre faccende affaccendato, è preoccupato unicamente da un eventuale sfratto da Palazzo Chigi.
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