mercoledì 17 ottobre 2007

REQUIEM VERDI A SAN PAOLO FUORI LE MURA

VI FESTIVAL INTERNAZIONALE DI MUSICA SACRA
GIUSEPPE VERDI
MESSA DA REQUIEM
WIENER PHILARMONIKER
BASILICA DI SAN PAOLO
11 OTTOBRE 2007

Da sei anni, la Fondazione Pro-Musica ed Arte Sacra , con il supporto di un comitato di sostenitori, organizza ogni autunno quattro grandi concerti nelle Basiliche Romane. Questa stagione due dei quattro concerti sono quasi ai confini con la “musa bizzarra e altera” dell’opera lirica: l’esecuzione della “Messa da Requiem” di Verdi nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura e quella (in forma semiscenica) della “Nova Metamorfosi”, su musiche di vari autori del Cinquecento, nella Basilica di Santa Maria Maggiore. La prima è una delle composizione più eseguite al mondo. A titolo indicativo, e citando soltanto eventi recenti e logisticamente vicini, il 10 ottobre , a Parma, la ha diretta Riccardo Muti in occasione del 194simo compleanno del Maestro di Busseto.
Parafrasando un noto aforisma di un ancor più noto uomo politico italiano, si può dire che ad essere bastian contrari si può, al peggio, commettere un peccato veniale, ma quasi sempre ci si azzecca. Nello specifico, ciò vuol dire non seguire il gregge (tentazione in cui cade anche Claudio Abbado) e non leggere la “Messa da Requiem” come un’opera spirituale o religiosa oppure di tensione di un agnostico che cerca Dio. Grandissimo capolavoro tra i tanti di Verdi è un grande melodramma laico di riflessione sulla morte (e sulla vita): il ventottesimo se lo si aggiunge ai 27 appositamente concepiti per la scena lirica oppure il ventiseiesimo se si li conta in ordine cronologico di composizione e rappresentazione. Come molte figure del Risorgimento (Manzoni, Rosmini e pochi altri rappresentano eccezioni), Verdi era ateo (ed anche un po’ “mangiapreti”) e tale è rimasto per tutta la vita. In un saggio scritto in occasione del Festival romano, Mauro Mariani ricorda le parole di Verdi stesso: “Penso che la vita è la cosa più stupida, peggio inutile”. Non per nulla il suo testamento musicale è la “fuga” con cui termina Falstaff “Tutto il mondo è una burla!”. Atea , ma gioiosamente tale, era la sua compagna di vita Giuseppina Strepponi: “Vi sono delle nature virtuosissime che hanno bisogno di credere in Dio; altre, ugualmente perfette, che sono felici non credendo a niente ed osservando severamente ogni precetto di severità morale”. Dell’ateismo di Verdi sono testimoni non solo i suoi carteggi (disponibili anche in edizioni abbreviate) ma soprattutto le sue opere, specialmente quelle degli anni più prossimi alla “Messa da Requiem”; in “Don Carlos” ed in “Aida” la religione è rappresentata come opprimente e spietata nei confronti di tutti (anche del potere politico) – puro esercizio di potenza da parte del Grande Inquisitore nella prima e della classe dei sacerdoti nella seconda; ne “La forza del destino” (che pur si svolge tra chiostri e conventi), la presenza di Dio è confinata nell’ultima scena dell’edizione approntata per l’Italia – Dio è assente in quella ancora in scena a San Pietroburgo. “La Provvidenza” – ossia il ruolo della Provvidenza nel testo – impedì a Verdi di mettere in musica il romanzo più amato: “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni, nel cui ricordo compose la “Messa da Requiem”
Furono i tedeschi, ai tempi di Verdi, a sottolineare lo stretto nesso tra il lavoro ed il melodramma: per Hans von Bülow è “un’opera in veste ecclesiastica” – “che solo un genio può avere scritto”, aggiunge Johannes Brahms.
Affermare ed anzi ribadire la natura puramente laica di una “Messa da Requiem”, composto per un’occasione puntuale (onorare un amico fraterno, come Manzoni), non vuole dire sminuirne il valore. E’ un grande capolavoro la cui parte centrale (quel “Dies Irae” articolato come un immesso atto d’opera) evoca la violenza e vastità del suono di una vita intensamente vissuta e la cui conclusione (la dolcissima “Lacrimosa”) è una meditazione sulla fragilità umana di fronte al cosmo. La grandezza, tanto più tragica quanto più immanente, della “Messa de Requiem” appare nelle sue dimensioni se lo si raffronta con i “Quattro Pezzi Sacri” verdiani, tanto eleganti nei loro equilibri da parere quasi artificiali.
La natura melodrammatica è così forte che si avverte anche tra i mosaici d’oro e le colonne di in una delle più belle Basiliche romana, l’immensa San Paolo Fuori le Mura. I Wiener Philarmoker, guidati da Daniele Gatti, hanno dimostrato, pure ad alcuni critici musicali romani dubbiosi di interpretare Verdi, la loro capacità di penetrare nel mistero verdiano più complesso ; l’esecuzione, fedelissima alla partitura (in termini sia di organico sia di lettura dello spartito) ha tenuto il pubblico in grande tensione emotiva per un’ora e mezza sino all’ovazione finale. Da segnalare, in particolare, la delicatezza con cui gli archi hanno accompagnato il duetto con coro “Agnus Dei” ed il diminuendo del “Libera Me”. Pur facendo udire ogni nota, l’orchestra non ha mai coperto i solisti.
Altro grande protagonista il coro dell’Accademia di Santa Cecilia, affidato al quasi ottantenne Norbert Balatsch. In “Messa da Requiem” , il coro ha un ruolo analogo a quello che ha nei melodrammi corali di Verdi – “Don Carlos”, “Aida”, “Forza del Destino”, nonché “Simon Boccanegra”. Violentissimo nel “Dies Irae”. Dolcissimo nel “Lacrimosa” è ingrediente eccezionale dell’esecuzione.
Veniamo ai solisti. Il quartetto iniziale (Kyrie) mostra che Sartori (appena ascoltato a Busseto) può porsi come potenziale erede di Pavarotti (lo definisce già così “Il Sole-24 Ore”, Cedolins (appena ascoltata a Parma) è uno dei soprani verdiani di eccellenza di questa generazione (con potenzialità belliniane come dimostrato dalle sue esperienze con “Norma”), Zajick (meno frequente sulle scene italiane di quanto non lo fosse venti anni fa) conserva intatte le sue qualità (specialmente nelle tonalità gravi), e Furlanetto (appena ascoltato a Salisburgo) è ancora oggi uno dei bassi più articolati a cui il passare degli anni non ha incrinato la duttilità.



LA LOCANDINA
VI FESTIVAL INTERNAZIONALE DI MUSICA SACRA
GIUSEPPE VERDI
MESSA DA REQUIEM

DIREZIONE MUSICALE DANIELE GATTI
WIENER PHILARMONIKER

CORO DELL’ACCADEMIA DI SANTA CECILIA, DIRETTO DA NORBERT BALATSCH
SOLISTI: FIORENZA CEDOLINS, DOLORA ZAJICK, FABIO SARTORI, FERRUCCIO FURLANETTO
BASILICA DI SAN PAOLO
Roma 11 Ottobre 2007

Giuseppe Pennisi

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