MARIONETTE CHE PASSIONE/
"Il girello" di Jacopo Melani
Il
Girello debuttò in una sede aristocratica, il salone di Palazzo Colonna a
Roma nel 1668, ma il successo fu tale che entrò presto nella programmazione di
molti teatri. GIUSEPPE PENNISI 05 dicembre 2017 Giuseppe Pennisi
Foto:
Imaginarium Creative Studio
Marionette
che Passione! è il titolo
del lavoro del 1917 di Rosso di San Secondo che, sotto molti aspetti,
anticipò Pirandello, il quale ne promosse la rappresentazione e divulgazione.
Non ci riferiamo a questo testo ma alla vera e propria passione che alcuni di
noi .compreso l’autore di questa nota, hanno per il teatro in musica concepito
esplicitamente per essere messo in scena con i cantati in buca e le marionette
sul palcoscenico. Si può gustare in Austria, Germania e numerosi Paesi
dell’Europa centrale ed orientale, nonché in Asia (soprattutto in Giappone ed
in Indonesia), ma è praticamente sparito in Italia.
Per questa
ragione è particolarmente meritoria la ripresa, dopo più di tre secoli, de Il
Girello di Jacopo Melani, su libretto di Filippo Acciaioli, realizzata da
AUSER Musici in collaborazione con la Compagnia Marionettistica Carlo Colla
& Figli. Purtroppo è andato in scena solo a Pistoia (luogo natale di
Melani) ed a Pisa. Varrebbe la pena riprenderlo in teatri di piccole e medie
dimensioni, presenti in tutte la città italiane.
Il Girello debuttò in una sede aristocratica,
il salone di Palazzo Colonna a Roma nel 1668, ma il successo fu tale che entrò
presto nella programmazione di teatri commerciali a Macerata, Lucca, Milano,
Siena, Livorno, Napoli, Bologna, Ferrara, Modena e Firenze (per non citare che
le rappresentazioni di cui si ha documentazione). Gli autori (il prologo si
deve ad Alessandro Stradella) lo chiamarono dramma burlesco per musica. In
effetti, anticipa di almeno centocinquanta anni ‘l’opera semiseria’. E', per
certi aspetti, una farsa (con un intreccio piuttosto complesso) ma ha intenti
moralistici. Il coro finale di tutta la compagnia è ‘Se maga virtù/trovò
l’invenzione/ che muta padrone/ chi servo già fu/ resti sì bella moda / ai
bassi, ai grandi/ e una volta per un/ ciascuno comandi’
In estrema
sintesi, Girello è un povero giardiniere a Palazzo Reale e deve subire angherie
di ogni sorta dall’aristocrazie e soprattutto dalla saccente burocrazia (tra
cui maschere della Commedia dell’Arte(come Tartaglia ‘guardiano’della carceri).
Un Mago ha pietà del poveretto e fa sì che Girello possa acquisire vesti e
fattezze di Re Edoardo. Ne nascono equivoci di ogni sorta, spesso molto
divertenti. Una volta considera Re, Girello diventa arrogante e presuntuoso
come Re Edoardo. Sino a quando la presenza dei due Re in scena, e l’arrivo
provvidenziale del Mago, fa si che la matassa venga dipanata e tutti ne
traggano le conseguenze.
La scrittura
musicale è semplice. La scrittura orchestrale è pensata per pochi elementi
(nella versione degli AUSER musici) si utilizzano strumenti d’epoca o il più
simile possibile a quelle del tardo seicento. I due registri comico/drammatico
sono ben distinti in termine di metro ritmico binario/ternario e tonalità maggiore/minore.
Il gran numero di personaggi sono interpretati da cantanti in buca (un cantante
da voce a più di un personaggio). L’orchestra è concertata da Carlo Ipata,
creatore e leader di AUSER Musici, ne escono suoni rotondi che riempiono il
Teatro Verdi di Pisa, Tra le voci spiccano il contro-tenore Riccardo Angelo
Strano, il soprano Jennifer Schitting ed il basso Giorgio Marcello. Meno
entusiasmanti i tenori.
Ma la vera
gioia dello spettacolo sono le marionette con i loro fastosi costumi, i loto abili
movimenti e le sontuose scene dipinte che cambiano rapidamente . Il Girello merita
di essere visto e rivisto.
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