Il Teatro alla
Scala inaugura la stagione la sera di Sant’Ambrogio con un’opera che ,sparita
dai repertori per un paio di decenni, sta tornando di moda: ‘Andrea Chénier ‘ di Umberto Giordano, un
‘dramma istorico’ (come dice l’intestazione del libretto) che debuttò al tempio
milanese della lirica nel 1896. Stava tramontando il melodramma verdiano e si
cercavano nuove strade. Le due predominanti erano il grand opéra padano (ispirato da Francia e Germania; grandi tableaux con effetti speciali e
balletti) ed il verismo (sovente un
atto unico, ispirato a ‘fattacci’ di cronaca nera). Andrea Chénier è un po’ grand
opéra padano ed un po’ verismo.
Era anche il periodo in cui l’Italia era dominata del trasformismo: iniziato con i Governi Depetris inquinava la vita
pubblic. L’opera si svolge , in gran misura, in quella fase delle Rivoluzione
francese in cui il marais (la palude)
era protagonista della politica ed era difficile distinguere tra corrotti e
corruttori in gran parte della società e soprattutto nei livelli intermedi dei
pubblici poteri (quali la giustizia).
Tra le
determinanti per le quali Andrea Chénier venne
tirato fuori dall’oblio alla fine degli anni ottanta, ce ne è probabilmente una
su cui si è poco riflettuto nei numerosi convegni che precedono l’inaugurazione
della Scala. Il lavoro è un dramma giudiziario che ha un suo carattere di
attualità poiché tratta di malagiustizia anche se (siamo pur sempre a teatro)
il giudice fellone si pente e piange come un vitello quando l’innocente poeta
Andrea Chénier e la donna da lui amata (e che il giudice voleva portarsi a
letto) vanno insieme al patibolo. Dei quattro atti, dopo il primo che ci
introduce ai personaggi, gli altri tre si svolgono in strade parigine dove si
cerca la fuga e procuratori poco scrupolosi utilizzano spie per indagare sui propri rivali, nell’aula di un tribunale
rivoluzionario, e nel carcere.
Uno dei
protagonisti è Carlo Gérard , che dopo essere stato, prima della Rivoluzione,
un servo nel Castello dei conti Coigny, dove si è invaghito della giovane
Maddalena Coigny, è diventato prima procuratore poi parte del tribunale
rivoluzionario . A Gérard non sfugge che la contessina a un debole per il poeta
Andrea Chénier , ospite di una grande festa a Palazzo, proprio alla vigilia
della presa della Bastiglia. Chénier è un riformatore come mostra la sua aria un dì nell’azzurro spazio che irrita
numerosi ospiti di casa Coigny. Scoppiata la rivoluzione e giunti al terrore
robespierriano, siamo in una Parigi, dove si nascondono tutti alla ricerca di
un luogo di fuga. Allora non si intercettavano telefonate e non esistevano
telecamere; si utilizzano spie. Quelle inviata da Gérard scoprono che Maddelena
è in contatto con Chénier , il quale tenta di aiutarla a mettersi al riparo.
Tanto basta per fare iscrivere il poeta nel registro degli indagati come
agevolatore di fuga di aristocratici. Il capo d’accusa è debole e lo stesso
Gérard potrebbe depennarlo. Trovata Maddalena, le offre di salvare Chénier ,
forse anche evitando il rinvio a giudizio. In cambio, chiede una notte (o meglio ancora più di una) nel suo
letto. Ne ottiene un netto rifiuto.
Portato in
tribunale (dove Maddalena, celata è tra il pubblico), Chénier assiste ai
processi prima del suo; la corruzione diffusa, i rapporti stretti tra
procuratori e giudici, la presentazione di testi chiaramente falsi, fanno sì
che il poeta, in uno slancio di orgoglio rinunci a difendersi. Lo stesso
Gèrard, pentito scrive al presidente del tribunale, una nota per tentare di
salvarlo dalla ghigliottina. Ma è troppo tardi; la ghigliottina è pronta: il
girondino riformista sarà decollato. Nel quarto è ultimo atto sarà proprio il
contrito Gérard a favorire un incontro in prigione tra Chénier e Maddalena ma
quest’ultima preferisce corrompere la guardia carceraria per sostituirsi ad
un’altra condannata, madre di figli piccoli. E morire con lui, mentre Gérard
piange a più non posso.
Al di là del
chiaro aspetto di ‘drammone storici’, ci sono numerosissimi temi attuali: i
frequenti conflitti tra chi indaga e chi giudica, il modo di condurre indagini,
l’utilizzo di quelle che oggi si chiamano fake
news per costruire o corroborare un’accusa. Il 7 dicembre vedremo se è come
questi temi vengono sviluppati da Mario Martone, regista dello spettacolo o se
si preferisce evitarli.
Andrea
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