La Cina si allontana
(dall’Italia)
L'articolo
di Giuseppe Pennisi
Circa sei
mesi fa, il mensile Formiche nella rubrica Oeconomicus
sottolineava, in controtendenza con quasi tutte le altre testate, analizzava
come la via della seta non sarebbe stata un vantaggio per l’Italia, ma anzi ciò
che in dialetto romanesco si chiama “sòla”, ossia una fregatura.
Nel numero
del settimanale britannico The Economist , in edicola dal 16 dicembre,
si spiega indirettamente perché: alla Cina interessa poco un’Italia che appare
sgangherata con procedure barocche e lentissime, nonché soprattutto un sistema
politico che pare votato all’instabilità. Ci sono, in aggiunta, episodi
specifici come le difficoltà di avere il porto di Augusta (con le sue acque
profonde) come punto di riferimento strategico per le operazioni cinesi nel
Mediterraneo nonché attracco di riferimento nella navigazione verso Amburgo.
Questi ed altri episodi non sono citati specificatamente nel The Economist.
Il
settimanale londinese d’altronde non tratta nel dossier sulla Cina degli
aspetti economici ma di quelli politici: lo sharp power della versione del
Celeste Impero guidato da Xi Jinping, (nella foto), in modo più
autocratico di quanto facessero i suoi predecessori ha l’obiettivo di
influenzare le politiche degli Stati dove pensa di poter fare affari. Vengono
citati numerosi cosi di corruzione di uomini politici, di intrusione nei media
e nelle università in Australia, Stati Uniti ed alcuni Paesi europei. Ma
l’Italia non è nell’elenco.
Perché? A
mio avviso la ragione è semplice: i cinesi non tentano di corrompere i politici
italiani perché li ritengono integerrimi o di incidere sui nostri think tank,
media ed università perché pensano che sono torri eburnee, ma molto
semplicemente “non vogliono perdere tempo”. Ho avuto lunga dimestichezza di
lavoro con colleghi cinesi quando ero in Banca Mondiale ed in agenzia
specializzate delle Nazioni Unite come la Fao e l’Ilo per sapere che i cinesi
hanno una profonda etica del lavoro ed un profondo disprezzo per “i
perditempo”. Con i politici italiani, con l’alta burocrazia del nostro Paese
temono di sprecare la risorsa più preziosa: il tempo. Per questo intrattengono
rapporti con singole imprese ed imprenditori che danno prova di efficienza ed
efficacia ma si tengono alla larga di quelli che, a torto o a ragione,
considerano “perditempo”. Ciò spiega perché la Cina si avvicina ad altri, ma si
allontana dal Belpaese.
Ci dovrebbe
servire da monito nella formulazione delle nostre strategie politiche ed
economiche internazionali.
18/12/2017
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