Musica. I settant’anni di
Salvatore Sciarrino
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2 dicembre 2017
Compositore fra i più noti in Italia, Salvatore Sciarrino ha festeggiato
l’importante anniversario con una serie di celebrazioni. Da Palermo a Milano.
Il 4 aprile scorso Salvatore Sciarrino (Palermo, 1947) ha compiuto settant’anni e le
celebrazioni più importanti si sono svolte quasi contemporaneamente, nel mese
di novembre, a Palermo e a Milano. Sciarrino è il compositore italiano d’opera
contemporanea più noto e più eseguito al mondo, oltre che il più premiato.
Accademico di Santa Cecilia (Roma), Accademico delle Belle Arti della Baviera e
Accademico delle Arti (Berlino), laurea honoris causa in Musicologia
all’Università di Palermo, fra gli ultimi premi conferiti a Sciarrino vanno
citati: Prince
Pierre de Monaco (2003) Premio Internazionale Feltrinelli (2003) Musikpreis Salzburg (2006),
premio internazionale di composizione istituito dal Land di Salisburgo. Premio Frontiere della Conoscenza per la musica (2011) della BBVA
Foundation, Premio
Una vita per la musica (2014) Teatro La
Fenice ‒ Associazione Rubinstein di Venezia e Leone d’oro alla carriera per la
Musica ‒ Biennale di Venezia 2016.
Sciarrino è un autodidatta (benché formatosi privatamente, per qualche tempo, con Turi Belfiore e Antonino Titone), che ha iniziato a comporre quando era appena dodicenne, tenendo il primo concerto pubblico nel 1962, ma che considera “apprendistato acerbo” i lavori anteriori al 1966. Ciò che caratterizza la sua musica è la volontà di indurre il fruitore a un diverso modo di ascoltare e a una nuova presa di coscienza della realtà e di sé. Nel 1969 Salvatore Sciarrino lasciò la Sicilia per trasferirsi a Roma e poi, nel 1977 a Milano e ora vive a Città di Castello. Ha pubblicato con Casa Ricordi dal 1969 al 2004. Dall’anno seguente, l’esclusiva delle opere di Sciarrino è passata a RaiTrade. Vastissima la sua discografia, comprendente oltre ottanta titoli, pubblicati da etichette internazionali e più volte segnalati e premiati. Inoltre è appena uscito un suo album con composizioni anche in prima esecuzione assoluta.
Sciarrino è un autodidatta (benché formatosi privatamente, per qualche tempo, con Turi Belfiore e Antonino Titone), che ha iniziato a comporre quando era appena dodicenne, tenendo il primo concerto pubblico nel 1962, ma che considera “apprendistato acerbo” i lavori anteriori al 1966. Ciò che caratterizza la sua musica è la volontà di indurre il fruitore a un diverso modo di ascoltare e a una nuova presa di coscienza della realtà e di sé. Nel 1969 Salvatore Sciarrino lasciò la Sicilia per trasferirsi a Roma e poi, nel 1977 a Milano e ora vive a Città di Castello. Ha pubblicato con Casa Ricordi dal 1969 al 2004. Dall’anno seguente, l’esclusiva delle opere di Sciarrino è passata a RaiTrade. Vastissima la sua discografia, comprendente oltre ottanta titoli, pubblicati da etichette internazionali e più volte segnalati e premiati. Inoltre è appena uscito un suo album con composizioni anche in prima esecuzione assoluta.
Salvatore Sciarrino,
Palazzo Reale, Milano 2017
A PALERMO…
Il suo stile è unico. Non è mai appartenuto a
un’avanguardia d ha una scrittura musicale tonale, basata in gran misura su
micro-variazioni, nonché su citazioni principalmente di compositori del
passato, con una preferenza per il barocco.
A Palermo dall’1 al 4 novembre, al termine di un festival di musiche contemporaneo, il compositore è stato festeggiato con la prima rappresentazione italiana dell’opera Superflumina, nonché l’integrale delle sue composizioni per flauto e l’esecuzione di La bocca, i piedi, il suono per quattro sax solisti e un ensemble di cento sax “migranti”, dai sorprendenti effetti spaziali e sonori. Superflumina, un grande successo in Germania (dove ha debuttato, a Mannheim, nel 2011) è il lungo lamento notturno di una donna senza dimora, esposta al disprezzo e all’incomprensione dei pochi che incrociano il proprio percorso con il suo, nei grandi spazi di una stazione ferroviaria, piena di esseri umani poveri di umanità. La platea del Teatro Massimo è stata trasformata nel luogo dell’azione con il pubblico nei palchi.Superflumina intriso di pietas per gli umili, i disadattati, i poveri, i senza dimora: un lavoro che piacerebbe a Papa Francesco e al nuovo corso che intende dare alla Chiesa Cattolica. Si tratta insomma di un lavoro religioso, se non il primo, il più esplicito nella ricca produzione di Sciarrino. È opera di contrasti anche nel tessuto musicale, che forse non ha l’elegante compattezza di altri lavori del compositore siciliano, ma che combina con sagacia drammaturgica gli elementi più caratteristici della lingua musicale sciarriniana.
A Palermo dall’1 al 4 novembre, al termine di un festival di musiche contemporaneo, il compositore è stato festeggiato con la prima rappresentazione italiana dell’opera Superflumina, nonché l’integrale delle sue composizioni per flauto e l’esecuzione di La bocca, i piedi, il suono per quattro sax solisti e un ensemble di cento sax “migranti”, dai sorprendenti effetti spaziali e sonori. Superflumina, un grande successo in Germania (dove ha debuttato, a Mannheim, nel 2011) è il lungo lamento notturno di una donna senza dimora, esposta al disprezzo e all’incomprensione dei pochi che incrociano il proprio percorso con il suo, nei grandi spazi di una stazione ferroviaria, piena di esseri umani poveri di umanità. La platea del Teatro Massimo è stata trasformata nel luogo dell’azione con il pubblico nei palchi.Superflumina intriso di pietas per gli umili, i disadattati, i poveri, i senza dimora: un lavoro che piacerebbe a Papa Francesco e al nuovo corso che intende dare alla Chiesa Cattolica. Si tratta insomma di un lavoro religioso, se non il primo, il più esplicito nella ricca produzione di Sciarrino. È opera di contrasti anche nel tessuto musicale, che forse non ha l’elegante compattezza di altri lavori del compositore siciliano, ma che combina con sagacia drammaturgica gli elementi più caratteristici della lingua musicale sciarriniana.
III Sonata, 1988, diagramma autografo di
Salvatore Sciarrino, dettaglio, Archivio Storico Ricordi, Milano
… E A MILANO
A Salvatore Sciarrino il Teatro alla Scala e la
Staatsoper Unter den Linden di Berlino hanno commissionato la nuova opera Ti vedo, ti sento, mi perdo, andata in scena in prima assoluta il 14 novembre. A
Berlino sarà rappresentata in maggio.
È un lavoro in due atti, apparentemente sulla morte del compositore seicentesco Alessandro Stradella. L’immaginario barocco rappresenta un orizzonte fertile e ricorrente nella produzione di Salvatore Sciarrino, reinterpretato sotto molteplici prospettive. Si pensi, per esempio, nel teatro musicale alla “natura morta in un atto” Vanitas (1981) e alle opere Infinito nero (1998) e Luci mie traditrici (1998). Se il soggetto è incentrato sulla vana attesa di Stradella, protagonista in absentia, l’idea di base è il trionfo della musica. In Ti vedo, ti sento, mi perdo siamo in un salone della Roma barocca, dove una Cantatrice sta provando una cantata di Alessandro Stradella che non apparirà mai in scena, ma risulta sempre presente. Discutono a lungo di estetica il Musico (Charles Workman) e il Letterato (Otto Katzameier) con interventi della variopinta servitù. Stradella (e la parte finale della cantata) non arriverà mai. Ciò nonostante, la Cantatrice (Laura Aikin) porterà a termine l’omaggio alla Musica.
Il linguaggio musicale è imperniato su figure fluide e finemente elaborate, con grande sensibilità per il timbro e per l’articolazione di micro-variazioni, su citazioni (in primo luogo, di lavori di Alessandro Stradella ma anche di altri autori e, nell’intermezzo con cui termina il primo dei due atti, su musica francese del Novecento). Nella scrittura vocale c’è una netta distinzione tra la Cantatrice (un soprano di coloratura) e gli altri, che vanno dal declamato allo Sprechgesang al dialogato. Una scrittura vocale che non cede ad avanguardie o a stilemi ma appartiene a Sciarrino, come dimostrato da altri lavori per il teatro. In questa scrittura spiccano ancora di più la distanza e la statura della Musica rispetto alle altre forme di espressione umana.
È un lavoro in due atti, apparentemente sulla morte del compositore seicentesco Alessandro Stradella. L’immaginario barocco rappresenta un orizzonte fertile e ricorrente nella produzione di Salvatore Sciarrino, reinterpretato sotto molteplici prospettive. Si pensi, per esempio, nel teatro musicale alla “natura morta in un atto” Vanitas (1981) e alle opere Infinito nero (1998) e Luci mie traditrici (1998). Se il soggetto è incentrato sulla vana attesa di Stradella, protagonista in absentia, l’idea di base è il trionfo della musica. In Ti vedo, ti sento, mi perdo siamo in un salone della Roma barocca, dove una Cantatrice sta provando una cantata di Alessandro Stradella che non apparirà mai in scena, ma risulta sempre presente. Discutono a lungo di estetica il Musico (Charles Workman) e il Letterato (Otto Katzameier) con interventi della variopinta servitù. Stradella (e la parte finale della cantata) non arriverà mai. Ciò nonostante, la Cantatrice (Laura Aikin) porterà a termine l’omaggio alla Musica.
Il linguaggio musicale è imperniato su figure fluide e finemente elaborate, con grande sensibilità per il timbro e per l’articolazione di micro-variazioni, su citazioni (in primo luogo, di lavori di Alessandro Stradella ma anche di altri autori e, nell’intermezzo con cui termina il primo dei due atti, su musica francese del Novecento). Nella scrittura vocale c’è una netta distinzione tra la Cantatrice (un soprano di coloratura) e gli altri, che vanno dal declamato allo Sprechgesang al dialogato. Una scrittura vocale che non cede ad avanguardie o a stilemi ma appartiene a Sciarrino, come dimostrato da altri lavori per il teatro. In questa scrittura spiccano ancora di più la distanza e la statura della Musica rispetto alle altre forme di espressione umana.
‒ Giuseppe Pennisi
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III Sonata, 1988, diagramma autografo di
Salvatore Sciarrino, dettaglio, Archivio Storico Ricordi, Milano
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