martedì 23 maggio 2017

Ravenna, l’inferno e la rivoluzione in L'Opinione del 23 maggio



Ravenna, l’inferno e la rivoluzione

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23 maggio 2017
Ravenna, l’inferno e la rivoluzione
Se Pesaro può essere considerata la Bayreuth sull’Adriatico, con il suo festival rossiniano, Ravenna ne è diventata la Salisburgo. Grazie a una sequenza di festival per tutto l’anno. Il più importante è quello estivo (che dura circa due mesi e utilizza circa dieci luoghi di spettacolo, dal magnifico Teatro Alighieri al grande auditorium De André alla Rocca Brancaleone a teatri di città e cittadine vicine): è un festival multidisciplinare ma tematico (nel 2016 imperniato su Mandela, nel 2017 su Dante, e via discorrendo). In ottobre, giunge una “trilogia d’autunno” (tre opere o balletti su un argomento preciso). In inverno e primavera si alternano una “stagione lirica di tradizione”, una stagione di prosa e una stagione di concerti. Ravenna Manifestazioni – l’azienda che gestisce il complesso programma (circa 200 spettacoli in una città di 180mila abitanti, le dimensioni di Salisburgo) – ha una cinquantina di sponsor e collaboratori. Stime econometriche indicano che un dollaro di contributo pubblico ne produce otto di valore aggiunto all’economia del territorio.
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Questa estate e questo autunno, i due festival hanno tematiche differenti:Il festival estivo (25 maggio-11 luglio) esplora il rapporto fra arte e potere nel centenario della Rivoluzione Russa, attraverso le suggestioni del romanzo di Julian Barnes ispirato alla figura di Sostakovič e della raccolta di prose brevi di Mandel’stam . Riprende anche il percorso dantesco (uno dei temi fondanti della manifestazione sino al 2021) puntando l’accento sul terzo cantico, l’Inferno. Il festival autunnale propone , invece, una “trilogia” novecentesca con tre opere rappresentative del ‘verismo’: Cavalleria Rusticana, Pagliacci, Tosca.
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Il festival estivo si dipana fra rivoluzioni musicali ed artistiche. Spicca la prima italiana della leggendaria opera futurista Vittoria sul sole di Aleksej Kručënych, con le musiche di Matjusin e scene e costumi di Malevič; la sezione ‘russa’ conta anche direttori come Yuri Temirkanov e Semyon Bychkov, rispettivamente sul podio della Filarmonica di San Pietroburgo e della Munich Philharmonic Vittoria sul sole è considerato il capolavoro assoluto dell’avanguardia russa. Un’opera semi perduta, ritrovata proprio mentre lo stalinismo, con i suoi gulag, stava arrivando al potere.
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Il percorso verso il 2021, settimo centenario della morte di Dante Alighieri a Ravenna, continua con un evento unico, la nuova produzione del Festival con il Teatro delle Albe: per 34 giorni Inferno di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari guiderà gli spettatori attraverso paesaggi e personaggi infernali. La tradizione medievale della sacra rappresentazione sarà riportata a nuova vita in una dimensione ‘corale’ di portata gigantesca, coinvolgendo centinaia di cittadini che si muoveranno in processione dalla Tomba del Poeta fino al Teatro Rasi. In effetti tutta la città diventerà “L’Inferno” con circa 600 attori-coristi sarà prima uno spettacolo itinerante e poi approderà al Teatro delle Albe.
Non manca una vasta sezione di musica “spirituale” nelle basiliche di Ravenna. Ancora una volta sarà presente Riccardo Muti con l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, coinvolti nel progetto “Le Vie dell’Amicizia” che, nel suo ventennale, volge lo sguardo ad Oriente per approdare nell’antica Persia con un doppio concerto a Tehran e Ravenna. Completano il ricco calendario sinfonico Leonard Slatkin, che conduce l’Orchestre National de Lyon con la straordinaria Anne-Sophie Mutter in un concerto che include un omaggio a Tarkovskij, Juraj Valčuha con l’Orchestra Nazionale della Rai, solista David Fray, e l’appuntamento dedicato a Haydn con Giovanni Sollima e Accademia Bizantina diretta da Ottavio Dantone. I due omaggi alle sonate per violino di Corelli e i tributi a Monteverdi nel 450° della nascita sono parte del ricco programma di concerti nelle preziose basiliche cittadine, che il Festival continua ad “abitare” a vent’anni dal riconoscimento Unesco di ben otto monumenti paleocristiani e bizantini di Ravenna come patrimonio dell’umanità.
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