OPERA/ L'anno di "Lulu", una delle più importanti opere del Novecento
Questo è l’anno di ‘Lulu’. Una produzione di grande livello
dell’opera di Alban Berg, una delle più importanti opere del Novecento,
al Teatro dell’Opera di Roma. GIUSEPPE PENNISI
22 maggio 2017
Giuseppe Pennisi
Foto Yasuko Kageyama
Questo
è l’anno di ‘Lulu’. Una produzione di grande livello dell’opera di
Alban Berg (1885-1935), una delle più importanti opere del Novecento, è
arrivata al Teatro dell’Opera di Roma il 19 maggio; è coproduzione di
lusso con il Metropolitan di New York, l’English National Opera di
Londra e De National Opera di Amsterdam. Dirige Aléjo Perez.Regia,
scene, costumi e luci sono di William Kentrige e Luc de Wit. A
Salisburgo verranno messi in scena, nell’ambito del festival estivo, i
due drammi di Franck Wedekind da cui l’opera è tratta, A fine agosto, al
Festival delle Nazioni a Città di Castello si vedrà il film muto di
Pabst con musica composta per l’occasione da Daniele Furlati, un
musicista che ha molto lavorato sulla relazione tra musica e cinema
Per il pubblico romano l’opera
di Berg è una novità. In passato, si era vista ed ascoltata nella
stagione 1967-1968. Sino ad allora ragioni di bigotteria la avevano
tenuta lontana dal palcoscenico della capitale. E raramente
rappresentata nel nostro Paese (se ne ricorda un’edizione in traduzione
ritmica italiana di Fedele D’Amico – dirigeva Bartoletti – a Firenze nel
lontano 1985, una più recente a Palermo, nonché alcune rappresentazioni
nel 2010 alla Scala da ove mancava da oltre 30 anni), anche a ragione
dello sforzo produttivo che comporta (una ventina di solisti, alcuni in
più ruoli e della durata (circa quattro ore di spettacolo intervalli
inclusi).
Come sostiene correttamente
Gioacchino Lanza Tomasi in un suo saggio ormai fuori catalogo, ‘Lulu’ è
un’“opera sinfonica” che si svolge su due piani d’azione: quello
dodecafonico-seriale e quello del recupero di forme strumentali
modernizzate della tradizione classica. Si articola su una serie di base
(si bemolle, re, mi bemolle, do, fa, mi, fa diesis, le, sol diesis, do
diesis, si) dalle quali Berg fa deriva altre forme che vengono associate
ai singoli personaggi.
Su queste forme lavorò Friedrich
Cerha per orchestrare il terzo atto, lasciato incompleto dalla morte di
Berg e, per la prima volta, eseguito, nel 1980, in una stupenda
produzione all’Opéra di Parigi (regia di Chéreau, direzione musicale di
Boulez) di cui purtroppo esiste una mediocre registrazione
discografica.
Al sinfonismo, derivazione
wagneriana e del tutto assente nell’opera precedente di Berg, “Wozzeck”,
si aggiunge un ritorno al canto operistico nel senso pieno del termine,
specialmente nei ruoli della protagonista e di Alwa, dove soprano
drammatico di coloratura e tenore lirico spinto sono una reminiscenza
del gusto del piacere e del peccato (si pensi alla vocalità di
Monteverdi e Cavalli). Nella stessa chiave occorre interpretare l’uso
dell’”arioso”, della “cavatina”, del “rondò”, del “canone”,
dell’”intelaiatura a gabbia” per ensemble a più voci che si fermano alla
soglia del “concertato”.
“Lulu” è una partitura senza
possibili confronti che riscatta i due drammi di Wedekind d’inizio del
Novecento da cui è tratta. La “dissoluzione” di Lulu è stato il tema di
fondo di una produzione del Metropolitan che lanciata quasi in parallelo
con quella Chéreau-Boulez è rimasta in cartellone per diversi anni.
Chéreau enfatizzava l’ambiguità esteriore e la “verità interiore” della
protagonista (i due “Lieder von Lulu” dove la protagonista dice in modo
frammentario ciò che pensa su sé stessa). Nell’edizione fiorentina di 25
anni fa, Squarzina vedeva la protagonista come una grande reagente
sociale, una cartina di tornasole grazie a cui si rivela, in termini
marxisti, la verità nascosta.
Nella complessa trama, che
spazia tra Germania, Francia e Gran Bretagna degli anni Trenta, Lulu,
pur restando interiormente innocente, è una divoratrice di uomini (e
pure di donne) e anche assassina. Rispecchia una società, quella del
Vecchio Continente, al collasso finanziario, politico e morale. Nel
contesto di questo collasso non può che muovere i primi passi in un
circo (dove è una starlette), ascendere ai piani alti della società e
finire, dopo varie peripezie, nelle mani di Jack lo squartatore.
La messa in scena che il 19 maggio arriva all’Opera di Roma per sei repliche è una coproduzione di lusso con il Metropolitan di New York, l’English National Opera di Londra e De National Opera di Amsterdam. Dirige Aléjo Perez.Regia, scene, costumi e luci sono di William Kentrige e Luc de Wit.
La messa in scena che il 19 maggio arriva all’Opera di Roma per sei repliche è una coproduzione di lusso con il Metropolitan di New York, l’English National Opera di Londra e De National Opera di Amsterdam. Dirige Aléjo Perez.Regia, scene, costumi e luci sono di William Kentrige e Luc de Wit.
Andiamo allo spettacolo. La sera
della prima (19 maggio) il tenore Thomas Piffka si è ammalato e non ha
potuto cantare il ruolo di Alwa; il teatro ha risolto il problema
brillantemente con il tenore Charles Workman in buca e Luc de Wit (che
oltre che regista è anche attore). L’impianto scenico di William
Kentrige si ispira alla pittura dell’espressionismo tedesco dell’inizio
del secolo scorso; i movimenti delle proiezioni sono affascinanti e
tengono viva l’attenzione. Ottima la recitazione, frutto in gran misura
del lavoro di Luc de Wit. Il cast è di altissimo livello.
Agneta Eichenholz è la
protagonista, un ruolo impervio che richiede un registro molto ampio e
la capacità di ascendere ad acuti molto elevati e di tenerli a lungo;
dal 2009 è una ‘Lulu’ di riferimento sulla scena internazionale. Charles
Workman (chiamato all’ultimo momento) ha cantato il ruolo di Alwa con
ardore e perizia. Nella numerose altre parti, abbiamo ritrovato voci
molto note (Jennifer Larmore nel ruolo della Contessa Geschwitz, Willard
White in quello del padre di Lulu Shigolch) che voci poco presenti in
Italia ma di grandissimo livello (come Brenden Gunnell nel doppio ruolo
del Dr. Schön e di Jack lo Squartatore).
Alla prima, a teatro pieno, era
presente quasi tutta la stampa musicale italiana. Spettacolo che fa
onore al Teatro dell’Opera di Roma.
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