· Spettacolo
Il Trovatore va in trincea
febbraio 23, 2017 Giuseppe Pennisi
Il 28 febbraio va in scena al Teatro dell’Opera di Roma Il Trovatore di
Giuseppe VerdiNel 2002 da Elijah Monshinsky per il Real di Madrid ed il Covent Garden di Londra e riproposta con successo a Houston ed in altri teatri europei ed americani (nonché disponibile in DvD). La produzione si basa , a sua volta, su una versione messa in scena, sempre da Monshinsky, nel lontano 1983 all’Opera di Sidney, ma allora passata inosservata , nonostante un cast stellare. L’idea di base è semplice: trasportare l’improbabile vicenda dal medioevo spagnolo al 1860 o giù di lì . Per il pubblico italiano, così, Manrico (in camicia rossa) è un capo garibaldino, il Conte di Luna un generale austro-ungarico, e Leonora la Contessa Livia del viscontiano “Senso”. La scena di battaglia pare riferirsi a Custoza Per un pubblico anglosassone, la memoria riporta a “Via col vento” e la battaglia potrebbe essere quella di Manassas. Per il pubblico spagnolo, l’assonanza è con una delle tante guerre carliste che insanguinarono sierras e città nel XIX secolo. La chiave di lettura risorgimentale è stata ripresa altre volte: ad esempio in regie di Paul Curan a Roma, Bologna ed Ancona. Nel 2006, regia, scene e costumi dello spettacolo presentato a Parma possono anche essere un omaggio al trentennale della morte di Luchino Visconti: evocano tanto “Senso” quanto “Il Gattopardo”.
“Il Trovatore” è la prima opera di Verdi che non nasce in seguito ad una commissione di un teatro o di impresario ma dalla sua volontà di tradurre per il teatro in musica il romanzo di Gutierrez (autore che ispirò anche “Simon Boccanegra”); lo sottolinea acutamente il musicologo francese Jacques Bourgois in una massiccia biografia del compositore (introvabile in Italia). Fu poi proprio Verdi che insistette perché l’opera venisse accettata dal Teatro Apollo a Tor di Nona di Roma. Una vera e propria provocazione. La censura papalina, ottusa come tutte le burocrazie, non si accorse dei contenuti dell’opera. Tanto più che in una lettera di Verdi, inviata da Parigi il 14 luglio 1849 (pochi giorni dopo la fine della Repubblica mazziniana) a Vincenzo Luccardi, parlava della “catastrofe di Roma”. Portare nella capitale dello Stato Pontificio, il 19 gennaio 1853, una fosca vicenda di amore, guerra e morte in un’incredibile Spagna medioevale voleva dire parlare di rivoluzione e Risorgimento a coloro che per la Repubblica Romana avevano combattuto e sofferto. Sotto questo aspetto, quindi la produzione di Moshinsky ha un suo rigore : dopo avere messo Il Trovatore” è “una chiave di volta tra le opere di Verdi”. Casini ne sottolinea “l’eccesso di rilievo sottolineato alla musica” – a differenza di Massimo Mila che ne vede “alti e bassi sconcertanti”-. A mio avviso, l’opera non è solo una chiave di volta musicale (senza aver in testa “Trovatore”, Verdi non avrebbe dato a “Rigoletto”, commissionatogli da La Fenice, l’impianto musicale che ha avuto) ma anche nel ruolo politico di Verdi nel movimento di unità nazionale. “Il Trovatore” apre la porta a Les Vêpres Siciliens – opera chiaramente e decisamente patriottica.
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