Una prima italiana di Čajkovskij al San Carlo
febbraio 10, 2017
Giuseppe Pennisi
Venerdì 17 febbraio sarà in scena
L’incantatrice (Čarodejka), opera in quattro atti di Pëtr Il’ič
Čajkovskij (1840 – 1893) su libretto del drammaturgo russo Ippolit
Vasil’yevich Shpazhinsky
Il titolo vede anche la partecipazione del Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo e la coreografia di Renato Zanella. Il cast vocale, composto dai solisti del Teatro Mariinskij, annovera Marija Bajankina (17, 24, 25 febbraio) che si alterna a Ekaterina Latyševa (18, 19 febbraio) nel ruolo della protagonista, Nastas’ja, detta “Kuma”, padrona di una locanda presso il fiume Oka; Jaroslav Petrjanik (17, 24, 25 febbraio) e Ivan Novoselov (18, 19 febbraio) in alternanza nel ruolo del Principe Nikita Kurljatev, vicario del Gran Principe a Nižnij-Novgorod, Ljubov’ Sokolova, nei panni della Principessa Evpraksija Romanovna, sua moglie, Nikolaj Emcov è invece il Principe Jurij, loro figlio, Aleksej Tanovickij ricopre il doppio ruolo di Mamyrov, un anziano diacono e di Kud’ma, lo stregone, Ljudmila Gradova è Nenila, sua sorella e dama di compagnia della principessa. La regia è del britannico David Pountney, firmano scene e costumi rispettivamente Robert Innes-Hopkins e Tatyana Noginova.
Čarodejka debuttò a al Mariinskij di San Pietroburgo nel 1887 sotto la direzione dello stesso Čajkovskij, composta tra il 1885 e il 1887, durante la piena maturità artistica del compositore russo. Il titolo precede di poco alcuni capolavori della produzione čajkovskijana come la Sinfonia n.5 in mi minore op. 64 (1888) e il balletto La Bella Addormentata (1890). Si tratta del terzultimo titolo operistico composto da Čajkovskij, cui seguirà La Dama di Picche nel 1890 ed infine Iolanta nel 1891.
«All’apparenza Nastas’ja è una donna perduta […] ma nell’intimo della sua anima c’è una forza, la forza dell’amore. Per questo amore lei è pronta a sacrificare tutto. […] Perché, altrimenti, si amerebbero personaggi come Violetta o Carmen?», così Čajkovskij descriveva il personaggio in una lettera indirizzata a Emilija Pavlovskaja, che avrebbe dovuto ricoprire il ruolo della protagonista.
L’incantatrice è una tragedia basata su una leggenda del XV secolo ambientata nella città russa di Nizhny Novgorod, che debuttò nel 1884, e superò presto, in quanto a numero di rappresentazioni, tutti gli altri spettacoli di Mosca e San Pietroburgo. Nel ruolo della protagonista Nastasya, detta ‘Kuma’, grandi attrici come Maria Ermolova e Maria Savina.
Dato che si tratta di opera non conosciuta sino ad ora in Italia , è essenziale riassumerne la vicenda. L’azione prende le mosse nell’ultimo quarto del quindicesimo secolo presso una taverna d Nizhny Novgorod. Nastas’ja (Kuma), l’affascinante proprietaria della taverna, si è inimicata, respingendolo, Mamyrov, braccio destro del principe Nikita Danilovich Kurliatev. Mamyrov per vendicarsi diffonde la voce che Nastas’ja sia un’incantatrice (La maliarda era il titolo originale) in grado di far innamorare di sé qualsiasi uomo le si palesi di fronte. Nikita Kurljatev, padre del principe Jurij, si innamora follemente di Natas’ja ma, non essendo corrisposto, cerca di ottenere comunque il consenso della ragazza. Mamyrov racconta tutto alla moglie di Nikita, la principessa Evpraksija, mentre suo figlio Jurij giura di vendicarla. Quando arriva di fronte a Natas’ja il principe Jurij si rende conto di esserne innamorato. Insieme i due progettano di fuggire durante la notte, ignari delle trame ordite da Mamyrov, desideroso di vendetta non solo nei confronti di Nastas’ja ma anche sulla famiglia di Nikita.
La vicenda toccò Čajkovskij, reduce da numerosi viaggi in Europa, ammiratore dell’opera italiana, francese e tedesca, spettatore assiduo nelle grandi capitali europee: ad esempio il conflitto tra padre e figlio, causato da una donna ‘incantatrice’, rapporto chiave sia nella Traviata e nel Don Carlo di Giuseppe Verdi, Nella regia proposta da David Pountney, Kuma non è una prostituta da osteria del XV secolo, ma entreneuse in una maison de plaisir del XIX secolo) Gli elementi magici, propri dei racconti popolari russi, sono comuni anche alle saghe germaniche, cui attinse Wagner, e che Čajkovskij ebbe modo di applaudire proprio a Bayreuth “[…] a Bayreuth abbiamo assistito a qualcosa che i nostri nipoti e i loro figli ancora ricorderanno […], scrisse il compositore, quando ebbe modo di assistere all’inaugurazione del Festival, nel 1876, in qualità di corrispondente per un giornale russo.
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