SPY FINANZA/ Se anche i
mercati si sono stancati di Italia e Ue
Pubblicazione:
lunedì 6 febbraio 2017
Lapresse
Commentando
il negoziato in corso Bruxelles sulla compatibilità del bilancio preventivo
italiano con i trattati e gli accordi intergovernativi europei, il Direttore
del Centre for European Policy Studies, Daniel Gros, ha sottolineato che con
quanto presentato dall'Italia (nella lettera di risposta alla Commissione
europea) siamo alle prese con un film visto e stravisto. Ha aggiunto
anche che se avessimo seguito le raccomandazioni dell'Ue dal 2014
avremmo già fatto un buon pezzo di strada. "Avreste dovuto fare come il
Belgio che da quanto è partita l'unione monetaria ha avuto una politica che ha
portato ad avanzi primari del 4,5% del Pil, riducendo il debito e avendo anche
un buon tasso di crescita", ha detto.
Numerosi
economisti europei condividono l'analisi e il pensiero di Gros: soprattutto il
confronto con le politiche virtuose del Belgio (spesso preso in giro sulla
stampa italiana per il suo complesso federalismo), dovrebbe indurci a
riflettere sulle politiche degli ultimi anni. E non solo.
Probabilmente,
prima ancora che verrà pubblicato questo articolo, un comunicato da Bruxelles
ci informerà che Italia e Ue hanno raggiunto un compromesso soddisfacente per
le due parti: un (leggero) aumento delle entrate (accise, maggiore riscossione
da elusione ed evasione tributaria), qualche (ancor più lieve) ritocco alla
spesa in parallelo con il varo del Documento di economia e finanza e misure
sostanziose (ma non ancore determinate) al momento della prossima Legge di bilancio.
Il nodo è che questo minuetto viene ballato da molto,
troppo, tempo. L'Ue non ha il coraggio o la forza di mettere alle corde
l'Italia, "Paese fondatore" della Comunità e in ogni caso uno dei
maggiori e più importanti Stati dell'Unione. E mentre l'Ue si attardava in
eleganti minuetti settecenteschi, il resto del mondo è cambiato profondamente:
va almeno a tempo di rock'n' roll. È cambiato il contesto geopolitico e
geoeconomico. L'Europa non è il più il continente che il Governo americano
vedeva come secondo pilastro di una partnership che avrebbe guidato il mondo e
dove gli Usa venivano a collocare titoli pluriennali del Tesoro (i Rosa
Bonds, dal nome del Sottosegretario incaricato della bisogna) per
finanziare la guerra in Vietnam.
È cambiato
soprattutto il contesto finanziario. Lo spread dell'Italia sta aumentando
velocemente (sfiora i 200 punti base rispetto al Bund, ma supera i 400 rispetto
ai titoli decennali americani) non a ragione del saragattiano "destino
cinico e baro", ma perché i mercati sono tanto stanchi delle nostre
promesse da marinaio da non fidarsi più.
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