Tutti i potenziali impatti dei
subbugli tedeschi sull’Italia
L'articolo
dell'economista Giuseppe Pennisi
Sembra che Angela
Merkel stia gettando la spugna. Dopo settimane di estenuanti trattative,
pare stia per proporre una nuova tornata elettorale. I negoziati hanno mostrato
le crescenti divergenze tra i liberali ed i verdi che Angela Merkel sperava di
attenuare. Hanno fatto soprattutto risultare le differenze tra i cristiano
sociali prevalentemente della Baviera e i cristiano democratici dei Lânder
settentrionali delle Confederazioni.
I quotidiani
sottolineano gli errori fatti dalla Cancelliera nella ultima parte della
legislatura: apertura ai rifugiati (senza un vero programma), il fallimento in
materia di politica energetica, le concessioni alla lobby dell’auto elettrica,
gli sbagli sulla Brexit, l’appoggio a Obama. Molti italiani concludono
sornioni: fatti loro!
I cari
colleghi cadono in trappola. Una chiamata alle urne in Germania federale sono
soprattutto fatti nostri. Lo sono perché, dopo la Grecia, siamo il Paese più
debole dell’Unione europea (in termini di debito e finanza pubblica) e quello
da cui scapperà la finanza straniera e anche tutta la finanza italiana che
potrà trovare una via d’uscita per ricollocarsi (o lecitamente o illecitamente)
all’estero, se possibile fuori dall’Europa.
Ne ho
parlato con amici americani in ruoli dirigenziali in finanziarie come Black
Rock e Templeton. L’analisi è cruda e semplice; in un’Europa che ha appena
avuto il brutto colpo della Brexit, in cui la “questione catalana” resterà
irrisolta a lungo, in cui in Repubblica Ceca, in Polonia ed in alcuni Lânder
settentrionali della Germania tornano i revanscismi (ove non peggio), la
Repubblica Federale Tedesca è stata per anni il pilastro di stabilità. Se anche
questo pilastro traballa, i suoi effetti si sentiranno in tutto il continente,
specialmente nella monca “unione monetaria”. La Germania di oggi è, nel
contesto europeo, molto simile a quella di quando era Cancelliere Otto von
Bismarck: un suo starnuto causa la polmonite al resto d’Europa, ma da sola
non ha la forza e la capacità di risolvere tutti i nodi europei.
L’Italia è,
sotto il profilo finanziario ed economico, il Paese più cagionevole. Il nostro
debito pubblico sta per approssimare quello della Gran Bretagna al termine
della Seconda guerra mondiale ma non c’è né la sterling dollar diplomacy (che
creò il sistema di Bretton Woods) né il Piano Marshall a risolverlo. Sino ad
ora è stato in gran misura il Quantitative Easing della Banca centrale europea
(Bce) a riempire la scritture contabili della Bce medesima, ma se la Germania
entra in campagna elettorale i candidati dei differenti schieramenti si
mostreranno meno solidali nei confronti di un Paese che si è dato un sistema
elettorale che porta a lite continue ed alla ingovernabilità.
Avremmo
dovuto raggiungere, secondo impegni sottoscritti e trasformati in legge
costituzionale rinforzata, il pareggio strutturale di bilancio nel 2014; ne
siamo lontani. Le principali forze politiche, dato che le elezioni legislative
sono imminenti anche da noi, non hanno esplicitato come vorranno affrontare i
problemi immediati (la possibile, ove non probabile, crisi finanziaria della
prossima primavera-estate) e quelli di medio e lungo periodo (soprattutto, la
produttività multifattoriale). È normale che i detentori di titoli nel
nostro debito, pensino a sbarazzarsene. E non certo per sostituirli con quelli
di banche italiane.
Siamo
riusciti a barcamenarci (pur se non molto bene) perché il pilastro tedesco
teneva insieme il resto d’Europa. Ora si sta profilando uno scenario ben
diverso.
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