Il Fondo salva-Stati prova a cambiare per sopravvivere
In un libro di oltre 50 anni fa Gunnar Myrdal –
premio Nobel per l’Economia nel 1974, insieme a Friedrich von Hayek,
un’accoppiata di un socialista ed un liberista – scrisse che una volta nate le
organizzazioni internazionali raramente muoiono a ragione dell’interesse dei
loro addetti e degli annessi e connessi che attorno ad esse si formano. Un caso
è quello dell’European Stabilty Mechanism (Esm), ultimo nome, pare definitivo,
di quello giornalisticamente conosciuto come 'Fondo Salva -Stati'. Inizialmente
denominato European Financial Stabilization Mechanism e creato come impresa con
sede a Lussemburgo; un strumento d’intervento temporaneo per impedire il
collasso finanziario dei Paesi , come la Grecia, in gravissime difficoltà, il
fondo doveva.essere uno strumento non dell’Unione Europea ma «degli Stati la
cui moneta è l’euro». L’intensione iniziale era quindi aveva un veicolo
temporaneo con un compito specifico appena la missione fosse stata compiuta
sarebbe stato dismesso.
L’Esm ora ha cinque anni, età quasi da scuole
elementari. Grecia, Portogallo e Spagna hanno risolto gran parte dei problemi
per i quali era stato creato (in certi casi, vedi Spagna, ne sono sorti altri
che poco hanno a che fare con le finalità dell’Esm). A breve l’Eurogruppo
comincerà ad esaminare come 'sviluppare' l’Esm. Della dozzina di proposte sul
tappeto, la più grandiosa (e con meno probabilità di salpare) è quella di farlo
evolvere in un Fondo Monetario Europeo. Il Fondo monetario internazionale (Fmi)
su cui sarebbe modellato non solo è nato in un contesto molto differente, ma
interviene, con prestiti, solamente per aggiustamenti di breve periodo e con
una forte condizionalità. Per effettuare analisi analoghe a quelle dello Fmi,
si dovrebbero assumere decine di economisti all’Esm e trasferire funzioni dalla
Commissione Europea oppure trasformare l’Esm in un mero rubinetto della
Commissione.
Probabilmente si ripiegherà su un’altra serie
di proposte : quella di porre l’Esm al centro della ristrutturazione del debito
sovrano dell’eurozona. Già nel 2014, quando l’Esm era in fasce, un documento
della School of European Political Economy della Luiss andava in questa
direzione: le banche dell’area dell’euro con un eccesso di titoli nazionali di
debito pubblico li scambino con titoli 'sintetici' ESM (nella versione iniziale
si parlava di Bce) composti da quote di titoli pubblici di ciascuno degli Stati
dell’eurozona.
Pochi mesi fa, un libro Markus Brunnermeier,
Harold James e Jean-Pierre Landau ( La Battaglia delle Idee: alla
radici della crisi del futuro dell’euro) ha presentato un
programma più articolato: emissione di titoli da parte dell’Esm con
'sottostanti' con diversi gradi di rischio. In breve chi vuole dormire tra due
cuscini comprerebbe titoli Esm con un forte contenuto di euro-nordici e chi ama
il rischio si prenderebbe titoli Esm con un 'sottostante' molto mediterraneo.
In realtà il problema del debito pubblico
dell’eurozona non è tecnico. Può essere risolto solo con una conferenza
intergovernativa ed una gamma di strumenti (uno dei quali può essere un
'derivato' Esm). Ma sarebbe meglio se l’Esm mantenesse la sua 'missione', se ce
ne è esigenza.
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Nato come strumento provvisorio,
l’Esm ha esaurito la sua prima missione. Ma per l’Europa deve andare avanti
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