LA SFIDA DELLA BREXIT
COMINCIA SOLO ADESSO
Giuseppe
Pennisi
Perché occuparsi
ancora della Brexit a circa un anno e mezzo dal referendum in cui i britannici
hanno espresso la loro volontà si uscire dall’Unione Europea (UE) ed a diversi
mesi dall’inizio dalle procedure per non fare più parte dell’Ue ma di definire
nuovi rapporti tra il Regno Unito e l’Unione? In questi mesi, sia il mensile Formiche sia il web magazine quotidiano
hanno trattato più volte dei vari aspetti della Brexit. E’ uscito a fine
ottobre uno stimolante volume di Daniela Capezzone e Federico Punzi (BREXIT: La Sfida . Il ritorno delle Nazioni
e la questione tedesca. Giubilei Regnani Editore pp.375 € 20) che è stato
recensito sul web magazine di Formiche a
fine ottobre. Il volume, che raccoglie non solo le riflessioni dei due autori,
ma anche una vasta gamma di interviste, dialoghi , brevi saggi e articoli di
altri, italiani e stranieri), pone essenzialmente un punto che pochi sollevato:
quanto e cosa il resto dell’UE ha appreso dal fatto che uno dei suoi principali
Stati membri abbia deciso di ‘uscire’ ed abbia scelto un metodo democratico e
le procedure stabilite per farlo.
E’ questo
l’interrogativo di fondo che ci dobbiamo porre tutti noi che restiamo nell’UE. Dalle
vicende dell’anno e mezzo che ha fatto
seguito al referendum (il cui esito ha sorpreso gran parte degli europei dalle due
part della Manica) non sembra né che l’interrogativo di fondo sia stato
recepito o che vi stia dando un’adeguata risposta.
Attenzione lo
stesso interrogativo era stato sollevato da Giandomenico Majone nel saggio The Europea Union Post Brexit uscito sull’European
Law Journal Vol.33, Fascicolo1-1, ppl2-27, 2017) pochi mesi fa. Majone , classe
1932, è poco noto in Italia (tranne che un ristretto mondo accademico) perché
ha insegnato quasi sempre all’estero ed è stato chiamato a fine carriera o
quasi, all’Istituto Europeo di Fiesole , dove è Professore Emerito . Negli
ultimi anni ha pubblicato numerosi libri importanti sull’integrazione europea quali Europe as the Would-be World Power: The EU at Fifty. Cambridge University Press. 2009.. Dilemmas of European
Integration: The Ambiguities and Pitfalls of Integration by Stealth. Oxford University Press. 2005, per non citare che i più
noti. Majone si chiede , al pari di Capezzone e Punzi , se , dopo la Brexit,
l’UE resterà essenzialmente immutata (anche se monca di una sua parte
importante) od effettuerà ‘un adattamento dinamico’ alla nuova situazione.
Ossia ammetterà ‘l’urgenza di cambiamenti radicali’nel proprio approccio
all’integrazione’. In primo luogo, dovrà riconoscere che non è uno Stato, e
tanto meno un Super-Stato. In secondo luogo, dovrà rinunciare all’obiettivo di
trattare tutti (o quasi) i settori delle politiche pubbliche. Un adattamento
dinamico’ richiede ‘leadership istituzionale’ e ciò non è compatibile con ‘il
principio secondo cui tutti gli Stati membri sono uguali’. Majone individua una
buona base teorica per Ue differente e dinamica nella ‘teoria dei clubs? del
Premio Nobel (liberale e liberista) James M. Buchanan. Il principio essenziale
di una organizzazione funzionale a livello sovranazionale è che le attività
vengano selezionate specificamente ed
organizzate separatamente. Oggi – conclude Majone – è essenziale separare
l’idea generale dell’integrazione europea con il modo specifico di darle
attuazione. Una quindicina di anni fa,
nel saggio Europe simple Europe
strong ,. Frank Vibert della London
School of Economics è giunto a conclusioni simili tramite un percorso
differente. Non è stato ascoltato. Con le conseguenze che oggi si toccano con
mano: un’Europa litigiosa e che poco conta nell’agone mondiale. Anzi, invece di
impostare una seria riflessione, oggi gli Stati Ue si stanno litigando le
spoglie della Brexit , quali l’Agenzia per il Farmaco e pensano alla creazione
di nuove strutture (quali l’evoluzione del Meccanismo Europeo di Stabilità in
un Fondo Monetario Europeo). Ad un’Europa, quindi, più complicata e ,
necessariamente, meno dinamica. Non è stata ancora raccolta la sfida della
Brexit.
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