FINANZA E POLITICA/ Il
"buco" nei programmi di Berlusconi e Renzi
Le elezioni
si avvicinano, ma non si vedono i programmi degli schieramenti. Che dopo il
voto dovranno affrontare una situazione molto difficile, spiega GIUSEPPE
PENNISI 20 novembre 2017 Giuseppe Pennisi
Lapresse
Le elezioni
politiche si stanno avvicinando; saranno probabilmente all’inizio di marzo sia
perché si deve seriamente dubitare che il Capo dello Stato Sergio Mattarella
conceda all’attuale legislatura una proroga oltre ai termini definiti dalla
Costituzione, sia in quanto sembra arduo pensare che la campagna elettorale
(certamente infuocata) possa coincidere con le festività pasquali.
Da quanto si
intende, le due principali aree politiche (centrodestra e centrosinistra)
stanno lavorando a coalizioni sulla base più di preferenze dei vari leader di
ciascun gruppo, nonché dei loro elettorati di riferimento (e di programmi
organici di politica economica). In particolare, il centrodestra ha organizzato
a Roma a palazzo Wedekind una riunione pubblica in cui erano presenti i leader
delle varie “anime” annunciata come la presentazione di un programma comune.
Dal sinedrio, però, non è uscito un documento o un manifesto, ma solo la
riassicurazione agli intervenuti che le differenze non erano così distanti e
che si sarebbe giunti presto a una strategia e un programma comune. L’On.
Renato Brunetta si è offerto di stenderne una prima bozza.
Nel
centrosinistra, la situazione è ancora più complessa. Da un canto, la
componente prossima al Segretario Matteo Renzi aspira ancora a un partito
“acchiappatutto” con politiche essenzialmente centriste, mentre le altre
componenti si avvicinano sempre più a posizioni piuttosto di sinistra che di
centro-sinistra. In aggiunta, ci sono forti animosità interpersonali che
sembrano acuirsi invece di sanarsi.
Nel
Movimento cinque stelle ci si affida alla consultazione con gli iscritti
tramite la piattaforma Rousseau. Ho avuto modo di parlarne, in un aeroporto e
in attesa dei rispettivi voli, con uno dei loro maggiori esponenti: si dice
fiducioso che avrà un programma dettagliato prima della fine del 2017.
In questa
tornata elettorale, l’elaborazione del programma (o meglio di due distinti
programmi) è essenziale più che nelle precedenti. Occorre infatti presentarsi
agli elettori con due programmi distinti: uno di breve periodo di riassetto
immediato della finanza pubblica e uno di legislatura di riassetto strutturale
e crescita dell’economia italiana.
Negli ultimi
mesi, questa testata ha più volte sottolineato che come nel 1991-92, nonostante
la leggera ripresa dell’economia, siamo sull’orlo di un baratro in quanto per
quattro anni sono stati trascurati i nodi del debito pubblico e dei disavanzi
annuali di bilancio. Chiunque vincerà le elezioni e formerà il governo si
troverà in una situazione analoga a quella che dovette affrontare il Governo
Amato nel 1991-92 non perché la Commissione europea espliciterà in primavera le
proprie critiche alla Legge di bilancio, ma perché i mercati internazionali
avranno seri dubbi a rifinanziare il nostro debito pubblico (date le dimensioni
raggiunte e visto quanto sta uscendo sulla situazione del nostro sistema
bancario). Occorrerà prendere provvedimenti drastici e spiegarli agli elettori
prima di andare alle urne.
Per il medio
periodo è essenziale una politica di riassetto strutturale che porti a
quell’amento della produttività che latitata da circa venti anni. Su questo
tema, nell’ambito del centrodestra liberale sta lavorando il Centro Studi
ImpresaLavoro e, nell’area di centrosinistra, l’Arel fondato da Nino Andreatta.
Non è chiaro se queste analisi saranno concluse in tempo per alimentare i
programmi elettorali. Sarebbe auspicabile che lo siano.
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