lunedì 27 novembre 2017

Trilogia d'autunno da Rivista Musica

La « trilogia d’autunno » e` un’ottima
idea di Cristina Mazzavillani Muti
che, dal 2012, estende Ravenna Festival
ai mesi autunnali, presentando
tre opere a tema con un cast di
giovani. Tra le sue caratteristiche,
una regia ed una direzione d’orchestra
uniche per le tre opere, per dare
unita` al lavoro, e la messa in scena
in sere consecutive in piu` cicli
per consentire a pubblico non regionale
di assistere ai tre titoli. E infatti
ha conquistato anche pubblico
straniero, come si constata nella
platea e nei palchi del bel Teatro
Alighieri. Quest’anno la trilogia e`
dedicata all’affacciarsi del Novecento:
composti nell’arco dell’ultimo
decennio del diciannovesimo, Cavalleria
rusticana (1890 Roma,
Teatro Costanzi), Pagliacci (1892
Milano, Teatro Dal Verme), Tosca
(1900 Roma, Teatro Costanzi), risentono
degli influssi delle nuove
sensibilita` che corrono per l’Europa,
incarnando le istanze di un’adesione
al reale per quello che e` e per
come si manifesta, nei suoi aspetti
piu` materiali e crudi, intendendo
cosı` darne una rappresentazione
piu` realistica. Il progetto ha in Cristina
Mazzavillani Muti la mente
ispiratrice: ne cura la regia, l’ideazione
scenica e l’impaginazione dell’intera
operazione. A dirigere i tre
titoli e` stato chiamato Vladimir
Ovodok, uno dei primi allievi dell’Italian
Opera Academy di Riccardo
Muti. Ovodok e` a capo dell’Orchestra
Giovanile Luigi Cherubini e del
Coro del Teatro Municipale di Piacenza
istruito da Corrado Casati. Il
Municipale co-produce Cavalleria e
Pagliacci, che mettera` in scena tra
qualche mese. Il viaggio nell’ultimo
decennio dell’Ottocento inizia in un
povero villaggio del catanese, dove
vige ancora la legge del coltello a
serramanico, per proseguire in Calabria
in un paesino un po’ piu` benestante,
che si puo` permettere di
ospitare teatrini girovaghi, per terminare
nella Roma barocca delle
campagne d’Italia napoleoniche;
fuggito il Papa, durante la breve
Ravenna, Teatro Alighieri, 17-19 novembre 2017
MASCAGNI Cavalleria rusticana C. Mogini, A. Mariani, O. Melnychuk, A. Malavasi, A. Carpenito
LEONCAVALLO Pagliacci E. Martyn, D. Cavazzin, K. Manolov, G. Sala, I. Onishchenko, C. Nicolini,
F. Cucinotta
PUCCINI Tosca V. Tola, D. Cavazzin, A. Zaupa, P. Gatti, G. Trucco, F. Pollini, I. Stancu, J. Cassanelli;
Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, Coro del Teatro Municipale di Piacenza e Coro di
voci bianche Ludus Vocalis, direttore Vladimir Ovodok regia Cristina Mazzavillani Muti luci
Vincent Longuemare visual designer David Loom video programmer Davide Broccoli costumi
Alessandro Lai
Kirill Manolov e Estibaliz Martyn
22 musica 292, dicembre 2017-gennaio 2018
esperienza repubblicana del 1778-
79, la citta` era in pratica governata
dai Borboni di Napoli.
In Cavalleria predominano i cactus,
la luce solare, la Chiesa, e la piazzetta
del villaggio: una scena unica
molto semplice, arricchita da efficaci
proiezioni. Di grande livello la recitazione
e (non solo nell’intermezzo)
la direzione d’orchestra, che
esalta colori e sfumature. Tra la voci
notevole, la Santuzza di Chiara
Mogini, di livello molto buono l’Alfio
di Oleksandr Melnychuk, mentre
il Turiddo di Alessandro Mariani ha
mostrato qualche incertezza. L’ambientazione
di Pagliacci e` , invece,
notturna. Il nero predomina anche i
costumi, tranne quello di Nedda e
quello dei bambini. Siamo tra un
black play ed una tragedia greca. La
concertazione di Ovodok si fa incalzante,
con tempi stretti per accentuare
il clima del dramma. Tra le
voci, spiccano la Nedda della spagnola
Estibaliz Martyn e del bulgaro
Kiril Manolov. Ottimo Diego Cavazzin
(Canio), il quale, a causa di un
recente incidente, ha dovuto sostenere
il ruolo con un braccio ingessato.
Il giorno seguente, in Tosca,
Cavazzin ha strappato insistenti richieste
di bis dopo « E lucevan le
stelle ». In questa Tosca domina il
chiaroscuro in ciascuno dei tre atti:
il « Te Deum » riempie di luce Sant’Andrea
della Valle nel finale del
primo; eleganti giochi di ombre caratterizzano
l’intreccio a Palazzo
Farnese nel secondo; nel terzo si
passa da una visione della cupola di
San Pietro in bianco e nero al rosa
di un’alba che dovrebbe significare
speranza ed e` , invece, tragedia.
Ovodok e l’orchestra Cherubini rendono
con efficacia la cantabilita` e
la dimensione sinfonica della partitura
pucciniana. Accanto a Cavazzin,
una sperimentata ed espressiva
Virginia Tola ed un efficace Andrea
Zaupa. Grande successo con applausi
a scena aperta ed ovazioni al
calar del sipario.
Giuseppe Pennisi

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