Ma la
crescita si rafforza con investimenti pubblici puntando sulla qualità
GIUSEPPE
PENNISI
Il ministro
dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan ha di recente sottolineato che
senza investimenti pubblici i barlumi di crescita non possono essere
irrobustiti né sostenuti. Quasi negli stessi giorni, Larry Summers dell’Università
di Harvard (fu Segretario al Tesoro ai tempi della Presidenza Clinton) ha
ribadito la stessa tesi aggiungendo che «gli investimenti pubblici, se ben
progettati e ben realizzati, si pagano da soli». Da anni i rapporti del Fondo
monetario hanno sottolineato che «investimenti pubblici correttamente concepiti
finiscono per ridurre i deficit, piuttosto che aumentarli». In Italia,
assistiamo da circa vent’anni ad una caduta a picco dell’investimento pubblico.
Negli anni Ottanta l’investimento delle pubbliche amministrazioni si aggirava
sul 3% del Pil. Subì una forte riduzione nel riassetto per entrare nella moneta
unica, come documentato tra l’altro da una monografia della Banca d’Italia.
Entrammo nel primo decennio di questo secolo con investimenti pubblici
inferiori al 2% del Pil. Negli ultimi anni, la crisi finanziaria ed economica
portò ad una nuova contrazione, accentuata anche da nodi amministrativi quali
lo scioglimento della 'struttura di missione' per l’attuazione della 'legge
obiettivo' ed il trasferimento di competenze e documentazione ad altri uffici.
Particolarmente colpiti gli investimenti dei Comuni, diminuiti di circa un
terzo dal 2008 al 2016.
Non si
tratta unicamente di aumentarne il volume, cercando nelle pieghe della finanza
pubblica. Nei programmi in cantiere per la prossima legislatura, tre sono gli
elementi fondanti: a) ampliare il concetto di investimento pubblico; b)
migliorare la qualità della valutazione e della selezione; c) dare priorità a
quelli con ampio contenuto tecnologico.
Ampliare il
concetto vuol dire non considerare solamente o prevalentemente le opere
pubbliche, ma tenere conto del ruolo sempre più importante (per la crescita)
del capitale umano (istruzione, formazione, salute). Migliorare la qualità vuol
dire adottare standard internazionali per la valutazione e selezione. Occorre,
tra l’altro, risolvere il nodo del monopolio 'tecnico' delle rete Telecom e
delle sue inefficienze. A riguardo occorre notare che quando sarà operativa la
rete Open Fiber, pienamente indipendente da quella Telecom, sarà la tecnologia
a curare il problema perché nelle aree dove Open Fiber sarà operativa si
assisterà ad una migrazione massiccia verso la nuova tecnologia.
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