Le politiche attive dall’autunno «si
faranno in tre»
Con un tasso di disoccupazione in Italia quasi doppio
dell’Eurozona, le politiche del lavoro hanno avuto un ruolo centrale in questa
legislatura e continueranno ad averlo nella prossima. Molto si è discusso sul
Jobs Act, sugli sgravi contributivi e su programmi specifici (come il 'regalo'
a chi ha compiuto 18 anni nel 2016). Sono misure controverse, sulle quali i
punti di vista tra esperti possono essere molto distanti.
Se ne riparlerà certamente in autunno al momento della
preparazione della Legge di bilancio (quando si dovrà vedere quali misure
dovranno essere mantenute, quali modificate alla luce dell’esperienza, quali
sostituite) nonché alla presentazione del consueto Rapporto sul Mercato del
Lavoro del Cnel (in fase di avanzata elaborazione). Guardando al breve termine
, ossia alla prossima manovra, il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha più
volte ripetuto che intende dare enfasi alle politiche attive del lavoro, alla
garanzia giovani e alle implicazioni occupazionali della nuova politica
industriale. Su questi temi, aleggia il dibattito sulla riduzione degli oneri
sociali sia per contenere il cuneo tributariocontributivo in generale (uno dei
più elevati nell’Ocse), sia per trovare un migliore equilibrio tra tassazione
del capitale e tassazione del lavoro e, ancora, per incoraggiare l’impiego di
alcune categorie (i giovani, i cinquantenni che hanno perso il lavoro). È un
dibattito complesso in cui gli elementi fondanti sono non solo i saldi di
finanza pubblica, ma anche gli obiettivi specifici che ci si propone di
raggiungere. Mentre questi temi sono frequente oggetto di attenzione della
stampa e dell’opinione pubblica, molto meno si è parlato della vera e propria
rivoluzione organizzativa attuata nel corso di questi ultimi mesi. Chi dovrà
guidare le politica del Lavoro e del Sociale nella prossima legislatura
'ricomincia da tre' come si intitolava un noto film di Massimo Troisi del
lontano 1981. Non disporrà solo del ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali, ma anche di due nuovi enti: l’Anpal e l’Inapp , due acronimi che
stanno entrando nella galassia delle sigle di cui sono fatte la politica e
l’amministrazione italiana. L’Anpal (Agenzia per le politiche attive del
lavoro) è stata inizialmente concepita nell’ipotesi che, al referendum
costituzionale dello scorso dicembre, prevalesse il 'sì' e che uno dei
principali strumenti operativi per l’incontra tra domanda e offerta di lavoro
(i centri per l’impiego) venisse riportato dalla periferia al centro . Ciò non
è avvenuto, ma l’Anpal ha in fase di avanzata elaborazione un programma
triennale per il coordinamento, d’intesa con le Regioni, dei centri per
l’impiego, e per dare maggiore incisività ed efficacia alle politiche attive
del lavoro.
L’Inapp (Istituto di analisi delle politiche pubbliche) è un
ente di ricerca che nasce sulle ceneri dell’Isfol ed è in gran misura modellato
sul prestigioso Istituto federale tedesco di analisi delle politiche del lavoro
con base a Norimberga. La missione dell’Imapp è ampia e riguarda l’analisi
delle politiche pubbliche non solo in materia di mercato del lavoro ma anche di
formazione, di istruzione e del sociale. L’Inapp è anche parte del Sistan, il
Sistema statistico nazionale.
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