FINANZA
E TLC/ L'aiuto europeo per il dibattito sulla rete Telecom
La prossima legislatura dovrà senz’altro affrontare il
tema degli investimenti sulla banda larga. E un aiuto può arrivare dal
dibattito in corso in Europa, dice GIUSEPPE PENNISI
14 AGOSTO 2017 GIUSEPPE PENNISI
Lapresse
Uno dei temi che dovrà affrontare la prossima
legislatura (quale che ne sarà la composizione e la struttura del Governo che
ne verrà formato) è come incentivare gli investimenti in banda larga, strumento
essenziale, anche se non sufficiente, per far sì che l’Italia recuperi
produttività e competitività. Lo abbiamo sottolineato di recente in un
articolosu questa testata, articolo che sollevato
non poche polemiche
Una politica per la banda larga “sino alla porta di
casa” di ciascuna famiglia italiana, oltre che di uffici, aziende e via
discorrendo, comporta non solo fortissimi investimenti, ma di rispondere a
domande chiavi di politica economica e di politica industriale quali:
1) Il monopolio “tecnico” di Telecom per la rete, un
retaggio storico per l’Italia come per numerosi altri Paesi in cui la compagnia
telefonica di Stato non ha mai ceduto la rete, è ancora compatibile nel
contesto europeo e mondiale?
2) In caso di risposta positiva a questa domanda, come
affrontare il problema dell’ultimo miglio ed evitare i frequenti disservizi
spesso imputati, a torto o a ragione, a inefficienze della rete Telecom?
3) Se si decide di privatizzare, come farlo? Creando
un duopolio ad esempio Telecom- Open Fiber? Creando una società a cui
partecipino tutti i maggiori operatori del settore?
4) E, soprattutto, dato l’enorme sforzo finanziario
richiesto, quali incentivi possono essere concepiti? E si devono prevedere
deroghe alle regole europee su “aiuti di Stato”?
Queste sono le principali policy issues, ma
solo per un economista che si è interessato a questi temi in passato e un
utente che soffre spesso delle inefficienze e dei disservizi della situazione
attuale (al pari di alcuni milioni di altri italiani). Come spesso avviene, si
trova un possibile percorso guardando alla situazione europea. Un ausilio molto utile è il
lavoro di J. Scott Marcus (Bruegel), Veronica Bocarova (Cullen International) e
Georgios Petropoulos (Bruegel) Incentives for investment in fast
broadband: How much can be expected from the proposed European Code? (Incentivi per investimenti in banda larga: quanto
ci si può aspettare dal Codice europeo in via di preparazione?).
Il lavoro prende l’avvio di un punto essenziale di cui
poco si parla in Italia: nel settembre scorso - mi sembra che se ne siano
occupati pochi specialisti e che non ci sia stato quel débat
publique, spesso invocato dal Governo dell’epoca (e non solo da lui) -
la Commissione europea ha espresso una proposta legislativa al competente
Consiglio europeo dei Ministri per sostituire l’ormai vetusto European
Regulatory Framework for Electronic Communications (Rfec) del 2002 con un nuovo
European Electronic Communications Code. Tra gli obiettivi del nuovo “Codice”
come stimolare investimenti un banda veloce e ultraveloce. Dal 2002 a oggi, in
questo campo, il progresso della tecnologia è stato rapidissimo. Allora, in
Europa gran parte delle reti non erano né privatizzate, né liberalizzate e gli
investimenti in reti di rame abbastanza ben prevedibili.
La normativa costruita all’epoca (per l’appunto il
Rfec) poneva l’accento sulle condizioni per giungere a una maggiore
concorrenza, non tanto su quelle per ampliare (e alla grande) il volume e la
qualità degli investimenti. Guardava, si potrebbe dire, all’efficienza statica
piuttosto che a quella dinamica. Il nuovo “Codice”, ancora allo stadio di
progetto, è mirato a sviluppare linee di azione per incrementare gli
investimenti.
Il lavoro di J. Scott Marcus, Veronica Bocarova e
Georgios Petropoulos lo analizza in dettaglio sotto il profilo sia giuridico
che economico. Ed è quindi un buon punto di avvio per un dibattito politico
serio in cui anche il Governo italiano dovrebbe apportare un contributo per
chiarire punti ambigui o poco chiari.
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