Bitcoin, perché l’ascesa delle cripto monete sarà irresistibile
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L'analisi
di Giuseppe Pennisi,
Cinque
anni fa erano solamente pochi specialisti ad interessarsi alle cripto monete di
cui unicamente i bitcoin avevano un nome ed un cognome. Ne veniva data la
paternità ad un informatico asiatico celatosi dietro lo pseudonimo di Shatoshi
Nakamoto. Dopo un avvio lento (al 31
dicembre 2012 la circolazione era stimata in 140 milioni di dollari) si pensava
si trattasse di una curiosità o di una “bolla” temporanea (come quella dei
tulipani in Olanda nel Rinascimento) in un momento in cui la crisi finanziaria
iniziata nel 2008 aveva scosso la fiducia della capacità delle autorità
pubbliche di emettere e gestire monete. L’aspetto saliente dei bitcoin o
simili è che la mano pubblica non ha voce in capitolo nella loro offerta e
domanda. Pochi ricordano, o sanno, che il giovane John
Maynard Keynes aveva proprio un sistema del
genere in mente quando, ufficiale britannico in servizio della Russia Bianca,
convinse l’autorità locale (gli ultimi fedeli dell’Impero zarista) ad
effettuare una drastica riforma monetaria, basata sul “commissariamento
valutario”, riforma che restò in funzione anche dopo la vittoria dei sovietici
(prima di liquidarne le giacenze finanziarie rimanenti) ed i cui lineamenti
sono ancora in vigore a Singapore e Hong Kong. Tale riforma si basava su una
moneta priva di aggancio con un “tallone” e su cui la politica non poteva
incidere. Keynes la ripropose (il bancor) alla conferenza di Bretton
Woods.
Torniamo
alle cripto
monete. Il 2017 Gobal Cryptocurrencies Benchmarking Study, pubblicato
da poche settimane, documenta che nel mondo ci sono più di cento cripto
monete, copie o varianti degli originali bitcoin
e circa trenta differenti “minatori” di cripto monete (in 38 differenti
Paesi) e che ben tre milioni di individui utilizzano cripto monete invece
di valute emesse da banche centrali come mezzo di pagamento o di investimento.
Il documento sottolinea che il mercato delle cripto monete in gran misura si
autoregolamenta poiché non esistendo regolamentazione codificata le transazioni
hanno soprattutto una base fiduciaria. La quota di un mercato stimato (per
difetto) sui 55 miliardi di dollari (secondo altre stime ha superato i 100
miliardi di dollari) degli originali bitcoin si sta contraendo, anche se
resta la maggiore. Il suo principale concorrente, tra le cripto monete,
è l’Ethereum.
Per gli
iperliberisti, i bitcoin e le altre cripto monete rappresentano la
realizzazione del sogno del premio Nobel Frederick Hayek (e, più recentemente, dell’economista francese Maurice
Allais, scomparso da circa un lustro)
di tornare, come nell’antichità, a monete “private”, “autoregolate”, e “in
concorrenza l’una con l’altra” in modo che il mercato, e non la tecnocrazia,
possa determinarne il valore (anche sulla base della qualità dell’autoregolazione).
Da un lato un’utopia, da un altro un ritorno al Medioevo.
Due
economisti britannici del Cambridge Center for Altenative Finance scrivono in
un paper recente (per averne copia inviare un mail a m.raucus@ibs.cam.account.UK) che,
da un lato, le cripto monete spingono a una sana competizione di
mercato tra valute ma, da un altro, occorre trattarle con cura perché possono
essere una grande risorsa per gli speculatori (ed anche truffatori). Oggi un bitcoin viene
trattato, all’apposito CoinDesk del Nasdaq, sui 3000 dollari circa: nel luglio
2010 (quando stava facendo i primi passi) lo si trattava per un dollaro e
cinque centesimi; chi la ha comprato allora e lo rivende oggi fa guadagni da
capogiro.
Interessante
anche un lavoro (Bitcoin is not alone. Qantifying and Modelling Long Term Dynamics of
the Cryptoxorrency market) curato da una squadra di economisti
della City University di Londra, del Max Planck Institute di Lipsia e della
Università della Catalogna. Questo studio osserva come il mercato delle cripto monete continua
a crescere ma che dall’aprile 2013 ne sono apparse e scomparse numerose. Quindi
il rischio c’è ed è forte, anche se, da un canto, chi entra in questo mercato
dovrebbe essere consapevole e, da un altro, trattandosi di un mercato con
confini ben definiti è difficile che la crisi di una o più cripto monete
contagi il mercato internazionale. Lo rendono, però, meno trasparente, come
documentato da arresti e procedimenti penali, soprattutto negli USA, di
minatori e gestori di cripto monete.
Nonostante
queste preoccupazioni (i furbetti ci sono sempre e spesso finiscono in
manette), uno studio recentissimo di Tatiana Ermakova (Università di Potsdam), Benjamin Fabian (Univerità Humbolt di Berlino),
Annika Baumann (Univerità Humbolt di Berlino), Mykyta
Izmailov (Univerità Humbolt di Berlino) Hanna
Krasnova (Università di Potsdam) Bitcon: drivers
and impediment, conclude che la marcia delle cripto monete è
inarrestabile: potrà subire un rallentamento ma le prospettive sono di un
aumento della sua quota nel mercato mondiale. Il lavoro è particolarmente
importante perché è basato, oltre che su strumenti strettamente economici, su
questionari inviati ad un vasto campione di utilizzatori del mercato delle cripto monete ed
una vasta ricerca bibliografica.
Si
potrebbe dire che la sfiducia nelle politica si sta estendendo alle banche
centrali e che le cripto monete ne sono un segnale.
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