FINANZA E POLITICA/ Così
l'Italia resta fuori dalla stanza dei bottoni Ue
Si saldano i
rapporti tra Germania e Francia. Questo conferma ancora una volta che l’Italia
si illude se pensa di contare qualcosa nell’Ue, spiega GIUSEPPE PENNISI
19 giugno
2017 Giuseppe Pennisi
Angela Merkel con Alexis Tsipras
(Lapresse)
Questa nota
viene scritta da Lipsia, in Sassonia, dove sono per seguire un festival
musicale. A circa due ore da Berlino si respira bene quanto avviene nella
capitale federale e la presenza di numerosi amici e colleghi francesi (oltre
che tedeschi) consente di toccar con mano il ravvicinamento dei due Paesi e la
chiara intenzione di essere loro due l’architrave dell’Europa (senza la
partecipazione di altri che potrebbero essere “scomodi” prima ancora che
incomodi).
L’autorevole
testata di Francoforte (Frankfurter Allgemeine Zeitung) e l’importante
giornale di Monaco di Baviera (Süddeutsche Zeitung), ma anche le meno
note (in Italia) testate di Berlino, sostengono che Angela Merkel va verso il
quarto cancellierato abbastanza tranquillamente (sempre che non sorgano per ora
inattesi imprevisti). I rapporti con la Francia e in particolare con l’Eliseo
comunque non cambierebbero se il vincitore fosse Schultz. Lo spiega bene
un’analisi di Nathalie Versieux, apparsa sul francese Libération, una
testata nata e rimasta a sinistra: non solo tanto il Cancelliere tedesco quanto
il Presidente francese hanno l’obiettivo di “rinegoziare i trattati europei” -
ne esisterebbe già una prima bozza alla cui stesura l’Italia non solo non ha
partecipato, ma non ha avuto alcuno invito a dare un parere -, ma Macron può
contare su un’amicizia di lunga data con Sigmar Gabriel, autorevole membro
della Spd ed attualmente ministro degli Esteri della “grande coalizione” della
Repubblica Federale.
Il programma
“europeo” del binomio che si accollerebbe la guida di
quel-che-resta-del-continente includerebbe non solo elementi di una politica di
difesa comune, e una strategia europea nei confronti del terrorismo, ma anche
una politica economica concertata e diretta all’abbassamento del debito
pubblico. Quindi, secondo il binomio franco-tedesco chi più debito pubblico ha,
più ne deve abbattere anche facendo ricorso a imposte patrimoniali (i francesi
sono maestri in materia).
Chi ricorda
l’Europa degli anni Sessanta rammenta che allora l’Italia era più sostenitore
dell’accesso della Gran Bretagna in quella che allora si chiamava Comunità
economica europea (Cee). La guida del binomio franco-tedesco veniva giudicata
pesante in molti settori (agricoltura, siderurgia). Con l’ingresso di Londra,
ci sarebbe stato un re-equilibrio con un tandem italo-britannico che avrebbe
bilanciato quello franco-tedesco. Non solamente il re-equilibrio non c’è mai
stato, ma con la Brexit ormai in fase negoziale non ci potrà essere. Da allora
l’Italia tenta di entrare in un direttorio a tre. Parte delle concessioni
ottenute (specialmente in materia di finanza pubblica) vengono presentate al
pubblico non solo come successi della nostra diplomazia economica e finanziaria
(indubbiamente lo sono), ma come segno che il “triunvirato” sarebbe già cosa
fatta.
Grande
errore. Da un lato, la Costituzione tedesca dà al Cancelliere poteri che
nessuna riforma costituzionale italiana darebbe al Presidente del Consiglio. Da
un altro, come acutamente rilevato da Marcelo Wesfreid su Le Figaro (testata
conservatrice), Macron all’Eliseo vuol dire “l’americanizzazione del potere”
(uso sfrenato dei media, dello spoil system, di fedelissimi con cui ha
lavorato sin dagli anni delle grandes écoles con eccellente preparazione
tecnica). Da un altro ancora, l’Italia si presenta con un tripolarismo in cui
le due forze tradizionali sono frammentate e litigiose. Prive delle qualità di
base per essere ammesse nella “stanza dei bottoni” europea. È soltanto “terzo
scomodo”.
©
Riproduzione Riservata.
Nessun commento:
Posta un commento