martedì 19 luglio 2011

FESTIVAL DEL TIROLO PER ASSAPORARE I MEISTERSINGER DI RICHARD WAGNER in Il Riformista 20 luglio

FESTIVAL DEL TIROLO PER ASSAPORARE I MEISTERSINGER DI RICHARD WAGNER
Beckmesser

Per chi non ha le risorse (i primi posti costano 300 euro) od il tempo (la lista di attesa è sette anni ma si può sempre tentare all’ultimo momento sul posto di trovare qualche biglietto di chi, compratolo, non è potuto andare allo spettacolo) per ascendere al “sacro colle” di Bayreuth, il Festival del Tirolo rappresenta un’ottima alternativa per ascoltare Wagner in estate. Si svolge nel piccolo centro di Erl (in quel lembo del Tirolo che si stende tra il Kaiserberg, il fiume Inn e la Baviera), a 80 km sia da Monaco sia da Salisburgo. Dal 1613 ogni sette anni tutto il villaggio mettere in scena una Sacra Rappresentazione della Passione. Negli Anni Sessanta, vi è stata costruita un’ottima struttura in muratura ben inserita nell’ambiente rurale per la Sacra Rappresentazione. Da una dozzina d’anni, Gustav Kuhn, noto in Italia non solo per avere diretto nei maggiori teatri ma anche per essere stato direttore artistico dell’Opera di Roma, del San Carlo e dello Sferisterio, vi ha creato un festival in cui la struttura eretta per la Sacra Rappresentazione si trasforma in un funzionale teatro d’opera dove Wagner è di casa; quest’anno , sino al 31 luglio, si alternano un nuovo allestimento di “Tannhauser” e riprese di “Parsifal” e di Die Meistersinger von Nurnberg“” (“I maestri cantori di Norimberga”) su cui ci soffermiamo perché da molti considerata come la più bella commedia in musica mai scritta e composta -
La trama è semplice. Nella Norimberga delle corporazioni, si svolge una gara di canto. L’orafo Pogner ha messo in palio la figlia (la diciottenne Eva) che se decide di non impalmare il vincitore deve comunque scegliere come sposo un “maestro cantore”. Due quarantenni i principali contendenti: il calzolaio poeta Hans Sachs ed il segretario comunale, nonché occhialuto censore delle arti, Beckmesser . Eva, però, è innamorata, del cavaliere di Franconia, Walter il quale la ricambia ma fallisce la prova necessaria per essere ammesso alla corporazione dei “cantori”. Sachs comprende l’amore dei giovani, rinuncia ai propri disegni su Eva ed in una lunga notte di imbrogli addestra Valter in modo che sconfigga Beckmesser, vinca la mano di Eva ed abbia sempre presenti i valori della “sacra arte tedesca”. Su questa trama , se ne inseriscono secondarie (quale il rapporto carnale tra Davide, apprendista di Sachs e Maddalena, governante di Eva) in una società in transizione da Medio Evo ad età moderna. L’esecuzione della partitura (escludendo gli intervalli) dura dalle 4 ore e 25 alle 4 ore e 50 minuti (a seconda del piglio dei concertatori).
Theodor Adorno ha scritto che “Die Meistersinger” è la più alta e più piena espressione del genio dell’Occidente . Pur se storicizzata nella società tedesca alla fine del XVI secolo, “Die Meistersinger” è una grande commedia umana con valenza generale ed a-storica: esalta le libertà civili ed economiche, la tolleranza, l’amore in tutte le sue guise, la lealtà intergenerazionale, la sacralità dell’arte e del pensiero e la continuità dei valori in un periodo di cambiamento. Nelle circa 6 ore di spettacolo (intervalli compresi), si ride e ci si commuove e si è trascinati da un flusso continuo diatonico, dove domina il contrappunto ed ha un ruolo determinante la polifonia.
La sua messa in scena presenta enormi difficoltà per la regia, per l’orchestra, per le voci (17 solisti, un doppio coro, un coro di voci bianche ed anche un breve ma incisivo balletto). L’edizione al Festival del Tirolo ha debuttato tre anni fa ed è stata da allora affinata . Kuhn firma scene, costumi e luci, oltre a concertare l’opera seguendo fedelmente le istruzioni di scena scritte da Wagner nel 1868. Nei costumi, si alternano abbigliamento contemporaneo (nelle scene “private”) e rinascimentale (in quelle “pubbliche”, a sottolineare, al tempo stesso, il contesto storico ed il significato atemporale universale del lavoro. Nell’ultima scena , tutti si tolgono i costumi seicenteschi per restare in quelli contemporanei – i valori universali prevalgono sul contesto storico. L’impianto scenico è una struttura unica, molto semplice, in beve una pedana che con poca attrezzeria, di volta in volta, diventa la Cattedrale di Santa Caterina, le strade di Norimberga, lo studio di Sachs, la radura dove si svolge la gara. Curatissima l’azione scenica anche in quanto rodata.
Vigorosa ed animata l’esecuzione di Kuhn: accenta la polifonia e dilata gli abbandoni degli archi nelle scene d’amore ed in quella della “rinunzia”. Oskar Hillebrandt è un Sachs espressivo, Franz Hawkata un Pogner possente, Martin Kronthaler, un Beckmesser dal fraseggio scolpito e variegato, Arpiné Rahdjan una Eva ma piena di dolcezza e di astuzia. Walter ha la vocalità lucente possente ed appassionata ed il fisico giovane di Michael Baba. Perfettamente nel ruolo Andreas Schager (un David dal timbro lucente) e Hermine Haselböck (Magdalene) e gli altri, troppo numerosi per citarli. I bambini del villaggio interpretano il corteo delle corporazioni- un modo originale per fare sentire che l’opera è di tutti.

I BERLINER E IL NAZISMO

Per alcuni decenni, il coro finale a tempo di marcia de “Die Meistersinger” è stato considerato come un inno nazionalista, precursore del nazismo. In effetti, i nazisti lo adattarono tra le loro icone, nonostante il messaggio centrale sia come la “sacra arte tedesca” avrebbe resistito a qualsiasi attacco – “l’arte” , si badi bene, non la Nazione o l’Impero. Lo aveva ben compreso Adorno che – come si è visto- considerava l’opera come migliore espressione della civiltà occidentale e non può certo essere tacciato di simpatie con il Nazismo. Ascoltare e vedere “Die Meistersinger” in quel lembo del Tirolo che entra in Baviera non può non riproporre il tema dell’analisi storica dei rapporti tra musicisti tedeschi e nazional-socialismo. Sull’evoluzione del Tempio wagneriano di Bayreuth si è scritto moltissimo. Molto meno si sa sul nesso tra la maggiore formazione sinfonica tedesca – i Berliner Philarmoniker – ed il potere. La lacuna viene colmata da un saggio di Mishar Aster (“L’Orchestra del Reich – I Beliner Philarmoniker ed il Nazional-Socialismo”, Zecchini Editore 2011) che arriva in questi giorni in libreria (e nei negozi di musica) in traduzione italiana.. E’ una ricerca storica in gran misura su documenti mai esplorati od inediti, le cui 340 pagine si leggono tutte d’un fiato come un romanzo. Con più precisione un romanzo con due protagonisti. Da un lato Joseph Goebble che intuì come l’orchestra, sull’orlo della bancarotta finanziaria, potesse essere un formidabile strumento di diffusione del “meglio della Germania” in Patria ed all’esterno. Da un altro, Wilhelm Furtwängler , sino al 1934 direttore dell’orchestra e in seguito principale figura di riferimento, la cui ambiguità riflette la ricchezza di sfumature del rapporto tra arte e politica. Non solamente in Germania e non unicamente in quegli anni. Un libro da non perdere per meglio assaporare il complesso gioco tra intellettuali ( anche della meno materiale e più alta delle arti come la musica) e potere.

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