mercoledì 20 luglio 2011

AIX EN PROVENCE: IL FUTURO DELLA LIRICA? IN MANO AI REGISTI in Avvenire 21 luglio

AIX EN PROVENCE: IL FUTURO DELLA LIRICA? IN MANO AI REGISTI
Giuseppe Pennisi

Aix en Provence Il Festival International d’Art Lyrique che si tiene ogni estate (quest’anno dal 5 al 24 luglio)in quella che fu la capitale della Provenza è, da un lato, un’indicazione di quello che si vedrà nei maggiori teatri europei nelle prossime stagioni e, da un altro, delle tendenze più avanzate del “teatro di regia”, ossia di messe in scene di opera lirica in cui dominano la personalità e lo stile del regista. Non sempre gli spettacoli arrivano immediatamente in Italia- un gioiello come “Il Ritorno d’Ulisse in Patria” di Monteverdi prodotto a Aix nel 2000 venne ripreso nel 2005 da ben otto teatri della Penisola. Dato che, al fine di ridurre i costi su ciascun teatro, si tratta sempre di co-produzioni girano nelle principali scene europee ed americane. Delle sei opere (una per ragazzi) di questo Festival 2011 ne ho assistito a quattro.
L’inaugurazione della manifestazione nata nell’immediato dopoguerra, con il supporto di un Arcivescovo appassionato di musica (dei suoi quattro teatri il principale è ancora quello nel cortile del Palazzo Arcivescovile), con l’obiettivo principale di fare conoscere Mozart (allora poco eseguito in Francia), è stata affidata non ad un lavoro del salisburghese (la prassi riprenderà nel 2012) ma ad uno del milanese 36nne Oscar Bianchi, poco noto in Italia ma apprezzato Oltralpe, Oltre Reno ed Oltreatlantico. Bianchi, che ha studiato al Conservatorio Verdi di Milano, all’IRCAM di Parigi ed alla Columbia Università, è alla sua prima opera per il teatro. Quindi, Thanks to my eyes, tratta di una pièce di Joël Pommerat del 2003 , è doppiamente un’opera prima: una prima composizione per il teatro in musica e la consacrazione in uno dei maggiori festival internazionali. Il dramma di Pommerat si ispira chiaramente al primo novecento: Cecov, Maetterlink, Ibsen, e Bernhard. L’opera, molto più breve della pièce teatrale, è imperniata sul rapporto di un padre-padrone e la maturazione del figlio di quest’ultimo. Sempre in bilico tra simbolismo e impressionismo, con un’orchestra di 12 elementi (che hanno la sonotità do 30), quattro cantanti e due voci recitanti, i 24 quadri scorrono agevolmente (in un’ora e mezzo senza intervallo) grazie ad una scena fissa di fiordi nordici, giochi di luce e grande attenzione alla recitazione. Thanks to my eyes ha già un calendario fitto in teatri d’opera di Bruxelles, Parigi, Lisbona e Madrid. E’ possibile che approdi al MiTo 2012.
Grande attesa per il nuovo allestimento di “Traviata” (dieci repliche a Aix, una tournée in Francia e, poi, in repertorio alla Staatsoper di Vienna) non solo perché i ruoli principali sono affidati a Nathalie Dessay, Charles Castronovo e Ludovic Terzier ma anche per la regia di Jean-François Sivadier, le scene di Alexandre de Dradel ed i costumi di Virginie Gervaise. Il palcoscenico è nudo, salvo alcuni elementi dipinti su siparietti. L’ambientazione ed i costumi ricordano gli Anni Quaranta e Cinquanta (filtrati attraverso i film di Truffaut e Chabrol, con qualche eco di Jean Vigo). L’azione, divisa in due parti, è un lento cammino verso una morte in età giovane all’insegna della passione di una coppia sulla via della maturità ed anche del perdono. Una lettura drammatica e commovente che ha conquistato i numerosi giovani in sala , pure grazie ad una politica in base alla quale in cambio del sussidio pubblico un certo numero di posti sono riservati a prezzi bassissimi a “under 30” della regione di Aix.
Tradizionale, invece, La Clemenza di Tito (penultima opera di Mozart), affidata per la parte drammaturgica, allo scozzese David McVickar e , per quella musicale, all’ottuagenario (ma vivacissimo) Sir Colin Davis. Da McVickar, multi premiato per i suoi spettacoli, si attendeva una regia più innovativa, non solo costumi napoleonici (invece che della Roma dei Cesari) e predominanza del bianco e nero (tranne che per manto rosso fuoco dell’Imperatore). La scena è un colonnato ed una scalinata monumentale. L’azione minimale, quasi ieratica. Trasmette il senso della “clemenza” del potere assoluto ma ci sarebbe aspettato un guizzo più dinamico. Il prossimo autunno lo spettacolo sarà a Tolosa ed a Marsiglia.
Molto differente lo scoppiettante trattamento che William Kentridge (di cui la scorsa stagione si è visto alla Scala l’allestimento de Il Flauto Magico) fa de Il Naso di Šostakovič, opera conosciuta in Italia specialmente tramite la produzione , ormai storica, del Teatro da Camera di Mosca. Tratta dalla novella di Gogol, il lavoro è una satira al vetriolo delle burocrazie; per questo venne di fatto vietata per decenni in Russia. I tre atti e dieci quadri presentati in un’ora e tre quarti senza intervallo vengono messi in scena senza lesinare in idee, gags e tecnologia; l’allestimento è coprodotto con il Metropolitan di New York e l’Opera di Lione. Ispirato al teatro ed alla pittura futurista dei primi anni del Novecento (quali letti con gli occhi di oggi). Uno spasso (pur se sarcastico) per grandi e piccini. Approderà prima o poi alla Sala del Piermarini.
“Modernizzare” l’opera conviene; toglie polvere e muffa; la rende più appetibile alle nuove generazioni; in tre dei quattro allestimenti , comporta anche costi contenuti di scene e costumi. “Coprodurre” conviene sempre per ridurre i costi su ciascun ente: gli spettacoli si possono spostare ed adattare a palcoscenici differenti, mentre solo una minuta fascia del pubblico prende treno, auto ed anche aereo per inseguire spettacoli.

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