La Vedova allegra ritorna alle origini
di Giuseppe Pennisi
La Vedova allegra di Franz Lehár approdata al Filarmonico di Verona (dove è in scena fino al 2 gennaio) non è un frettoloso spettacolo natalizio ma una ricca coproduzione per la quale si sono coalizzate ben quattro fondazioni liriche (Trieste, Genova e Napoli, oltre ovviamente alla veronese).
Vengono eliminati i frizzi e i lazzi entrati nella tradizione e sia il testo sia la musica sono presentati in un'edizione il più vicino possibile all'originale. La regia di Federico Tiezzi sposta l'azione dal 1905 (anno del debutto a Vienna) al 1929, ossia alla grande crisi economica e finanziaria, evidenziata da indici di Borsa evocati sullo sfondo. La trovata in effetti non è originale, visto che un'edizione di Arabella di Strauss in scena a Francoforte porta la vicenda da una Vienna sconfitta dopo la guerra austro-prussiana del 1866 alla crisi dei mutui subprime nel 2007, ma funziona efficacemente e sottolinea la centralità di denaro e d'eros, i motori dell'intreccio. Le scene di Edoardo Sanchi e i costumi di Giovanna Buzzi esprimono bene il clima. Julian Kovatchev ha il tocco giusto, nonché un'orchestra e corpo di ballo appropriati. Il direttore trova inoltre un buon equilibrio tra ironia (sul piccolo Stato balcanico prossimo alla bancarotta) e nostalgia per un mondo al crepuscolo. Con l'eccezione di Bruno Praticò, veterano dell'opera comica, il cast è giovane e canta, recita e balla bene. Spicca, oltre a Silva Della Benetta nel ruolo della protagonista, il baritono albanese Gezin Myshketa, destinato, al pari dei connazionali, Mula e Pirgu, a una promettente carriera. (riproduzione riservata)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento