CINQUE DOMANDE E CINQUE RISPONDE GLI EUROBONDS
Giuseppe Pennisi
a) Che cosa sono/sarebbero gli Eurobonds?
Ne sono state fatte numerose formulazioni nel corso degli Anni. Ad esempio, negli Anni Settanta, venne fatta una proposta da François-Xavier Ortoli, all’epoca Presidente della Commissione Europea (giornalisticamente vennero chiamati “Ortoli Bonds”): avrebbero avuto essenzialmente lo scopo di rilanciare occupazione e crescita tramite grandi investimenti. Ne circolarono varie versioni: secondo alcune sarebbero stati emessi dalla Banca Europea per gli Investimenti (Bei), secondo altre dalla Commissione Europea in prima persona. L’ultima proposta , formulata da Mario Monti, riguarda “Eurobonds” a più valenze, che verrebbero emessi da un’Agenzia Europea per il Debito ancora da istituire. In prima battuta, servirebbero ad alleggerire il debito “sovrano” di Stati iper-indebitati, in seconda,lo sviluppo, alla stregua degli “Ortoli Bonds”:
b) Chi potrebbe sottoscriverli?
Se ho ben compreso la proposta, in prima battuta, sarebbero i Tesori e le banche degli Stati iper-indebitati dell’unione monetaria; in tal mondo si alleggerirebbe (a tassi e termini più conveniente) il fardello dei loro debiti (principalmente quelli con l’estero). Al pari dei bonds di Bei, di Banca mondiale, di banche regionali di sviluppo potrebbero tramite i normali canali bancari arrivare al dettaglio ed essere acquistati da risparmiatori che si recano dai promotori finanziari e dai “borsini” (in linguaggio colloquiale) d’intermediari finanziari per essere consigliati su come collocare quanto messo da parte.
c) Chi ha avuto per primo l’idea?
Gli “Eurobonds” la cui paternità viene oggi attribuita a Mario Monti hanno molti nonni, zii e consanguinei. Negli Anni Sessanta, durante le trattative per la nascita di quella che diventò la politica agricola comune, vennero lanciati da Alexandre Lanfalussy (allo scopo di non sostenere il riassetto del settore agricolo europeo non unicamente a spese di Pantalone ma con strumenti di cui investitori e risparmiatori avrebber fatto il monitoraggio, se li avessero tenuti in portafoglio). Si sono ricordati gli “Ortoli Bonds”. Sono stati ventilati pure (Delors Bonds). In tempi più recenti (alcuni mesi prima di Monti), sono stati proposti Eurobonds (non so se il nome sia stato brevettato da qualcuno) dal Long Term Investors Club, di sono soci fondatori la Bei, la Cassa Depositi e Prestiti italiana, la Caisse de Dépôts et Consignations francese ed il Kreditanstalt für Wiederaufbau tedesco e di cui fanno parte anche fondi arabi, britannici e cinesi.
d) Perché sarebbero utili per “salvare” l’euro?
Gli Eurobonds proposti da Mario Monti non salverebbero l’euro ma toglierebbero d’impaccio (alleviando il peso del debito sovrano) alcuni Stati. In effetti, uno schema analogo (i “Brady Bonds” dal nome del Segretario al Tesoro Usa Nicholas Brady) è stato applicato, con successo, a cavallo tra la fine degli Anni Ottanta e l’inizio degli Anni Novanta e, poi, nel 1998-99, per agevolare Stati altamente indebitati principalmente dell’America Latina e dell’Asia. Vennero utilizzati per riscattare parte del debito in valuta forte. I “Brady Bonds” , però, coprivano solo il 70% del valore nominale dei titoli portati al riscatto: chi aveva investito in Brasile o in Malesia attratto da alti interessi (o alti spread) , ci rimetteva parte del valore in conto capitale e in futuro sarebbe stato più accorto.
e) Perché la Germania si oppone?
“Bonds” pari al 100% del valore facciale – come sembra sia la versione più recente – sarebbero come un condono od una sanatoria: incoraggerebbero a razzolare male nella prospettiva di qualche buon samaritano (i contribuenti europei, ossia tutti noi): quelle tedeschi hanno inviato al loro Governo un messaggio del tutto condivisibile, nonostante i maggiori beneficiari degli “Eurobonds” sarebbero le banche tedesche che, con quelle francesi, si sono più esposte nei confronti di Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna (in ordine rigorosamente alfabetico).
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