giovedì 9 dicembre 2010

ECCO I TEATRI CHE FUNZIONANO BENE ANCHE SENZA I QUATTRINI DELLO STATO Il Foglio 10 dicembre

ECCO I TEATRI CHE FUNZIONANO BENE ANCHE SENZA I QUATTRINI DELLO STATO
Giuseppe Pennini
Daniel Barenboim ama i tempi dilatati. Pochi maestri concertatori sono in grado di dare al primo atto, come il 7 dicembre alla Scala, de “La Valchiria” il tocco di Kammerspiel (opera da camera) come voluto da Wagner . Tempi dilatati, però, vuole dire non accorgersi dei cambiamenti in atto. La dieta in corso da qualche tempo (e probabilmente destinata a prolungarsi per anni) fa in certe condizioni bene alla cultura ed in particolare alla spettacolo dal vivo. Sta incoraggiando, ad esempio, le coproduzioni internazionali con benefici e artistici e finanziari- derivanti non tanto dall’utilizzazione più intensa di scene e costumi quanto dal fatto che la globalizzazione, in particolare, della “musa bizzarra ed altera” (l’opera lirica) implica cachet più bassi (per ciascuna rappresentazione) e rompe l’oligopolio di alcune agenzie.
Questa sera, 10 dicembre, ricorrono i cento anni dalla prima rappresentazione de “La Fanciulla del West” – New York con la bacchetta di Toscanini e due grandi voci (Emma Dustinn e Enrico Caruso). Il Teatro Massimo di Palermo (una delle poche fondazioni risanatasi senza interventi speciali di Pantalone) lo celebra con la “prima” di una coproduzione con la San Francisco Opera e l’Opéra Nationale de Wallonie. La settimana prossima, a Verona salpa un nuovo allestimento de “La Vedova Allegra” co-prodotto con Trieste, Napoli e Genova. L’anno viene chiuso , a Roma, con uno spettacolo su musiche di Bizet e coreografie di Roland Petit, nato alla Scala e che aprirà il 2011 a Bari. Sempre a Roma, il nuovo anno viene aperto dalla prima europea di “A view from the bridge” di Bolcon in collaborazione con il Lyric Theatre di Chicago. Pochi giorni più tardi, di nuovo Palermo lancia un’attesa prima mondiale “Senso” di Tutino (dalla novella di Boito) in coproduzione con Bologna e Varsavia. L’ideale sarebbe giungere ad un cartellone “nazionale” tra le 13 fondazioni liriche (i circuiti regionali già lo stanno facendo). Verrebbe incentivato se i regolamenti ministeriali imponessero un numero minimo di co-produzione – in un Paese a forma di stivale come l’Italia dove il pubblico non si muove ma si possono muovere gli spettacoli sarebbe ragionevole pensare ad un buon 70 per cento- unitamente a premi a chi razzola bene e penali a chi persegue le vecchie cattive abitudini.
Inoltre, il buon Barenboim non sa che da oltre 15 anni, quale che sia il Governo ed il Ministro, il MIBAC accumula residui in “contabilità speciali”. Il 13 dicembre, il Consiglio Superiore è stato chiamato a riflettere sul tema sulla base di uno studio non ancora trasmesso alle 17 del 9 dicembre.

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