venerdì 3 dicembre 2010

Il sesso all’opera in Il Foglio 3 dicembre

Il sesso all’opera
Ma per Ian Macabre, autore prediletto da Veltroni, l'eros in musica è lugubre
Ian McEwan è uno degli scrittori britannici più gettonati. E’ l’autore preferito da Walter Veltroni che lo ha citato più volte come “eroe del nostro tempo” della sinistra “liberal” e o lo ha invitato di qua e di là a festival letterari e incontri con Nobel, nella convinzione che prima o poi anche lui possa essere insignito dal premio per la letteratura. In Gran Bretagna, i suoi avversari lo hanno soprannominato “Ian Macabre”: i suoi (vendutissimi) romanzi sono una miscela di sesso e fattacci in cui, prima o poi, ci scappa il morto. Dopo aver portato il “noir” oltre-Manica e giunto quasi alla sessantina, pareva che si fosse addolcito, e anche il Foglio (8 marzo 2010) aveva sottolineato come il nomignolo non fosse più appropriato da quando McEwan si era dichiarato "convertito all’ottimismo nucleare".

La conversione, forse, era stata troppo breve. E’ appena arrivato in Italia il suo ultimo lavoro: un libretto d’opera, stampato in un elegante volume nella collana “L’Arcipelago” di Enaudi – quanto onore!, di norma i libretti di opere contemporanee vengono, al più, riassunti nei programmi di sala – messo in musica dal suo sodale e coetaneo Michael Berkeley e in scena in una co-produzione dell’Accademia Filarmonica Romana, dell’Istituzione Universitaria dei Concerti e dal Bristish Council. Alla prima (che dovrebbe essere l’inizio di una tournée) c'erano ben sessanta critici musicali in sala, ma due giorni dopo tutti davano molto incenso al libretto e poca attenzione alla musica. Invece, la partitura di Berkeley non è male. Una scrittura basata su canoni tradizionali – recitativi declamati, ariosi, duetti e terzi e un concertato al termine dei due atti, un’orchestrazione elegante, ricordi ovviamente di uno dei maggiori compositori contemporanei britannici (Tippet) ma citazioni anche da Britten e financo Purcell. E un pizzico di ironia in buca.

L’ironia, purtroppo, non arriva sul palcoscenico, dove sei personaggi sono “avviluppati” (per dirla con un celebre passaggio della monteverdiana “Incoronazione di Poppea”) in sesso esplicito che porterà poi a un omicidio. Tra una lenzuola si prendono sul serio: la scena centrale è un duetto che diventa terzetto sulle difficoltà dell’erezione, le virtù del Viagra e il coito interrotto all’arrivo della vogliosa cameriera polacca nella stanza dove il protagonista (un musicista) sta faticosamente penetrando la solista d’oboe. Di eros neanche la traccia, soltanto noiosa melanconia.

Eppure (se si eccettua l’asessuato Ottocento italiano, specialmente il melodramma verdiano), la storia dell’opera lirica è costellata di tematiche erotiche: lo stesso Monteverdi (un “reverendo”, dato che era sacerdote) mostrò nel "Ritorno di Ulisse in Patria" la gioia del più pieno rapporto coniugale e nell'"Incoronazione di Poppea" la letizia degli avviluppamenti più complicati, anche gay. Sotto la plumbea censura dell’Inquisizione, nella Venezia del Seicento, Francesco Cavalli diede lezioni di elegante e felice Kamasutra in “La Calisto” e altre opere. Strauss esorcizzò con l’eros la Prima ("Ariadne aus Naxos") e la Seconda guerra mondiale ("Capriccio"). Si potrebbe scrivere un’enciclopedia. Leit motif: il sesso all’opera è lieto e fa bene (specialmente se si copula nel retropalco).

Sette anni fa a Roma e due mesi fa a Bologna è stata presentata l’opera “Power Her Face” del britannico Thomas Adès (venticinquenne quando la compose): il lavoro si basa su un fatto di cronaca degli anni Sessanta avvenuto nell’aristocrazia inglese ed è stracolmo di sesso: nella scena centrale c'è un'aria "fellatio" di una coloratura tale da richiedere un soprano in grado di cantare la mozartiana Regina della Notte de “Il Flauto Magico”. Il tutto (libretto e musica) è soffuso di allegra ironia. Difficile sapere se gli applausi della “gauche au caviar”, radical chic, avranno repliche. Occorre, però, rincuorare il cinquantacinquenne W.: non esiste un teorema “McEwan-Berkeley” in base al quale a 58 anni (età esatta dei due) occorre ricorrere al Viagra per un’erezione, mentre l’orchestra rintocca un funereo re maggiore.

© - FOGLIO QUOTIDIANO
di Giuseppe Pennisi

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