domenica 15 aprile 2007

LA DEATH TAX DI PRODI & CO. (Il domenicale 14-20 aprile)

Viene da lontano la lotta del Governo di Romano Prodi contro il concetto non solamente cristiano ma della civiltà occidentale in generale di cosa è la famiglia. E minaccia di andare lontano. E’ iniziata nei primi giorni di vita (peraltro traballante) dell’Esecutivo quando è stata re-introdotta l’imposta di successione (in un primo momento, in modo così goffo che lo stesso Ministero ha ritirato il provvedimento ed , in un secondo, in una maniera più sofisticata, agendo sulle aliquote delle imposte di famiglia) . E’ continuata nel tormentone, appena cominciato e dal percorso (nonché dagli esiti) imprevedibili, sui Pacs-Dico. Ha assunto forme di vieto anti-clerilicalismo Ottocentesco con interventi, da parte del sinedrio della sinistra, che mostravano, e mostrano, quanto meno una certa confusione sul ruolo del magistero spirituale della Chiesa , della funzione dello Stato Città del Vaticano come entità sovrana pur se enclave di un altro Stato (i rapporti con il quale sono retti da un trattato internazione, il Concordato) e delle responsabilità amministrative e pastorali dei Vescovi e della loro Conferenza Episcopale.
Si è fatto un grande e disorientante calderone che probabilmente continuerà a bollire sino a quanto non verrà affermata (oppure definitivamente respinta) una concezione della famiglia differente da quella cristiana ed occidentale (il cui il patto di vita tra uomo e donna ha una sua ragione nella trascendenza); in questa nuova concezione, il patto sarebbe essenzialmente immanente e potrebbe essere plurimo (preferibilmente in sequenza ma, se si vuole, anche in parallelo verso forme poligamiche od anche poliandriche, ora praticata unicamente nel Nepal ed in alcune isole della Melanesia). Una volta eliminato il contenuto trascendente (determinante anche della funzione storica della famiglia) , non è più necessario che la famiglia sia composta da persone di genere differente (uomo-donna) ed abbia come suo elemento essenziale la nascita e la educazione dei figli (visti come “beni meritori” nella letteratura economica neo-femminista che dagli Anni 90 permea il pensiero anglosassone). Può diventare anche aperta a coppie gay od a scappatelle transex. In una famiglia immanente e plurale si può fare di tutto e di più perché non c’è più nessuno scopo al di là dell’avventura umana di ciascuno.
Il tema è vasto e complesso. Soffermiamoci su un punto di attualità: l’extra-gettito tributario, in gergo giornalistico “il tesoretto”, e la possibilità di utilizzarlo o per aumentare le spese (l’assalto alla diligenza è già iniziato) e di ridurre il carico fiscale.
Ipotizziamo che il Vice Ministro per l’Economia e le Finanze, Vincenzo Visco, sappia cogliere il momento magico che il Fato (che ha le sembianze del Governo che ha preceduto l’attuale) gli offre su un piatto d’argento. Che ascolti, quindi, i consigli del suo amico di sempre (nonché frequente compagno di cene domenicali), Pier Luigi Ciocca, il quale in un saggio brillante di un paio di lustri fa (“Disoccupazione di fine secolo”, Boringhieri) dimostra come l’alta pressione fiscale danneggia produttività, competitività ed occupazione - e contrasta, quindi, con quegli “obiettivi di Lisbona” di rilancio dell’economia a cui l’Ue e molti suoi colleghi di Governo (a cominciare dal suo Ministro Tomaso Padoa-Schioppa, TPS) si sono impegnati. Le previsioni al 2008 prodotte dai 20 maggiori istituti econometrici internazionali il 16 marzo confermano che stiamo diventando di nuovo la tartaruga d’Europa.
Il momento magico è rappresentato non solo dall’inatteso aumento delle entrate tributarie dell’amministrazione centrale dello Stato (riconosciuto dallo stesso Visco come valvola per alleggerire il carico fiscale) ma anche da quanto affermano i dati della Conferservizi sull’andamento dei bilanci delle maggiori municipalizzate. In sintesi, il 70% delle municipalizzate ha i conti in forma splendida (a tale forma contribuiscono, senza dubbio, sussidi espliciti ed impliciti, specialmente alle aziende di trasporto e di acqua): nel 2005 – ultimo anno per il quale sono disponibili bilanci consuntivi – si è riscontrato un aumento record (37%) degli utili di esercizio rispetto all’anno precedente. Indicatori finanziari come il Roe (tasso di redditività contabile sull’investimento di mezzi propri) mostrano che specialmente le multiservizi (il cui Reo è il 5,3%) sono in buona salute. Tasche gonfie, quindi, sia per l’amministrazione centrale sia per gli enti locali. Ciò rende difficile comprendere gli aumenti tributari comminati negli ultimi tempi, spesso in toni punitivi (nei confronti dei ceti che si considerano distinti e distanti dall’Unione o da concetti come quello trascendente della famiglia anche esso distinti e distanti dall’Unione). Rende, invece, fattibile ridurre quello che, secondo l’Ocse, è diventata la pressione fiscale tra i più elevati del mondo (all’ultima conta ci superava solo la Francia che nel 2007 l’Italia supererà vincendo il non ambito record di avere il fisco più pesante e più complicato). Lo stesso Prodi mormora di possibili ritocchi all’Ici sulla prima casa. Sempre che abbia, unitamente a Visco, la forza di resistere all’assalto alla diligenza dei predoni che vogliono spartirsi “il tesoretto”.
Visco e Prodi attribuiscono i risultati in termini di gettito (la determinante del tesoretto) ad una rinnovata moralità tributaria degli italiani che sarebbe esplosa in parallelo con vittoria dell’Unione (e grazie al potere taumaturgico di quest’ultima). Queste analisi, da Rasputin di provincia, vengono smentite non solo dai risultati delle municipalizzate (in termini di reddività contabile, dovuta in gran misura ai sussidi pubblici ed alla posizione dominante sul mercato) ma anche e soprattutto da una serie di recenti monografie di Bruno Frey, Benno Torgler e Friederich Schneider delle Università di Zurigo, di Yale e di Linz. Da alcuni anni studiano analiticamente i modelli di comportamento tributario per gruppi sociali, etnici e religiosi. Ancor inedito, l’ultimo lavoro: esamina, con una strumentazione quantitativa, l’etica tributaria in tre Paesi europei multiculturali (Belgio, Spagna e Svizzera). Mentre, ad esempio, in Svizzera la democrazia diretta contribuisce all’etica tributaria, in Spagna il regionalismo separatista la erode. In Svizzera ed il Belgio la religiosità favorisce l’atteggiamento positivo nei confronti degli obblighi tributari, mentre in Spagna lo frena: non si deve dare a Cesare a scapito di quanto si da all’Alto. In tutti i Paesi il coinvolgimento civico è elemento determinante dell’etica tributaria. Ed in Italia, il coinvolgimento civico nella ultima tornata di aumenti tributari è stato circoscritto ai pochi esperti che hanno collaborato con Visco.
Dallo studio e da un’analisi comparata dell’Istituto Tedesco di Studi di Economia del Lavoro, Iza (Iza Discussion Paper N. 2578) si trova anche un fil rouge (una strategia) su come procedere . Non bastano misure lapalissiane (come disboscare la giungla degli adempimenti e ritoccare al ribasso le aliquote delle imposte sul reddito individuale, familiare e societario, nonché dell’Ici); occorre eliminare al più presto l’imposta di successione – con la sua carica di veicolo per giungere ad una concezione plurale ed immanente della famiglia. L’analisi dell’Iza è puntuale: molti Stati lo hanno già fatto perché appartiene al passato remoto (venne introdotta con la tassazione capitarla e fondiaria quando i nascenti sistemi tributari erano rudimentali). Nel mondo anglosassone ha il lugubre soprannome di “Death Tax”, tassa sulla morte in quando comminata quando una persona cara muore. Gran parte dei Paesi anglo-sassoni la hanno abrogata non tanto perché pensassero che portasse male ma in quanto il suo accertamento e la sua riscossione costa molto di più del gettito tributario che genera. La mantiene la Francia, a malincuore: l’imposta non regge ad un’analisi costi ricavi della convenienza tributaria.
In Australia è stato condotto dalla Business school della università di Melbourne – uno studio non tanto del suo costo all’erario (esistevano dozzine) quanto sui suoi effetti sulle dichiarazioni di morte quando nell’ormai lontano 1979 è entrata tra le curiosità della fiscalità del tempo che fu: 50 decessi sono stati temporaneamente sospesi – clinicamente avvenuti la settimana prima dell’abolizione della “Death Tax” ma medicalmente e legalmente dichiarati quella successiva al fine dell’imposta di successione. Alcuni econometrici americani hanno calcolato in qualche migliaia lo spostamento dei decessi legali tra l’ultima settimana del 2009 e la prima del 2010 (quando dal primo gennaio la “Death Tax” federale non esisterà più).
Negli Stati Uniti la Pepperdine Law Review ha appena pubblicato uno studio di un esperti di diritto tributario Jeffrey A. Cooper di fama internazionale il quale,ha analizzato la competizione tra gli Stati Usa in termini di “Death Tax” – “una crisi moderna in prospettiva storica”. Molti Stati Usa la hanno abolita, a livello statuale, in quanto era diventata uno strumento che generava poco gettito, frenava la localizzazione di aziende e la competitività relativa del tessuto produttivo statuale. Quindi, era dannosa sotto lo stretto profilo economico. E’ una determinante dell’Italia a crescita rasoterra.
Più profondo , e maggiormente attinente al nostro tema, il lavoro di Wojciech Kopczur (Columbia University) e Joseph Lupton (Federal Reserve Board) apparso nel numero di gennaio 2007 della Review of Economic Studies. Lo studio confuta (dati statistici alla mano) l’ipotesi del “ciclo vitale” di Franco Modigliani che ha tanto influenzato il pensiero economico italiano da plasmare i modelli econometrici sia della Banca d’Italia sia del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Nell’ipotesi di Modigliani, la famiglia non esiste: l’uomo (o la donna) accumulano in gioventù ed età matura per smaltire il montante in vecchiaia, calcolando (se possibile) di averlo estinto completamente (tranne che per le spese per il funerale e di sepoltura) al momento di morire. Secondo Kopczur e Lupton, le cose non starebbero affatto così: l’uomo e soprattutto la coppia hanno come obiettivo importante di vita terrena un lascito patrimoniale alle generazioni future. In media le famiglie con un obiettivo di lasciato spendono per consumi correnti il 25% meno delle altre. Tra le famiglie anziane del campione analizzato ed in quelle in cui è rimasto vivo soltanto uno dei due componenti della coppia, circa quattro quinti del patrimonio verrà lasciato ed in eredità ; circa la metà in seguito ad obiettivi espliciti di lascito.
Uno degli astri nascenti del pensiero economico Usa, Timor Kuran (di chiare origini dell’Asia centrale e profondo conoscitore dell’Islam), avverte che chi di “Death Tax” ferisce, di “Death Tax” perisce (almeno sotto il profilo economico – finanziario ). Kuran individua nella Death Tax and Regulation (il complesso di norme e balzelli previsti dal Corano in caso di successione) la determinante principale del declino economico dell’Islam nel periodo in cui in occidente sorgevano l’economia di mercato e l’impresa.
Visco – lo sappiamo- non è superstizioso. Ma Prodi? Farebbe bene a leggere Kuran.

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