E’ tornata al Teatro alla Scala un’opera da sempre amata dal grande pubblico “Adriana Lecouvreur” di Francesco Cilea ma che da decenni fa arricciare il naso alla critica. Non è mai sparita dai palcoscenici: l’allestimento in scena sino al 28 aprile è stato varato nel 1989 (allora la protagonista era Mirella Freni) e riprese già due volte a Milano ed un paio di altre volte a Bologna (il cui teatro lo ha co-prodotto). Le vicenda è nota (specialmente ai meno giovani) ; nel 1730, mentre impazzano (alla Corte francese) gli intrighi per la successione al trono di Polonia, Adriana, grande attrice della “Comédie Française”, e la Principessa di Boullion si contendono, Maurizio Sassonia, che ha mire su Varsasia. Il direttore della “Comédie” Michonnet ama, non corrisposto Adriana. Il Principe di Bouillon corre appresso alle gonnelle e, da chimico dilettante, si inventa veleni con uno dei quali la Principessa avvelena, per gelosia, la rivale.
Su “Adriana”, come su molta produzione del teatro in musica italiano della prima metà del Novecento, grava una maledizione: essere considerato un lavoro “verista” per pubblico dal palato facile. Se le sua prima fosse stata non nel 1902, ma dopo il 1930 stata considerata anche fascista , nonostante tratti di vicende che, neanche per allusione od analogia, hanno qualcosa a che fare con il ventennio. Cilea è sì considerato “fascista” perché negli Anni Trenta fu appassionato direttore di conservatori (ma per restare a Napoli declinò di dirigere quello di Milano) e nel 1934 chiese un incontro con il Capo del Governo (personalmente interessato alla cultura musicale) perché le sue opere (altre che “Adriana”) avessero maggiore attenzione da parte degli enti lirici.
Sotto il profilo musicale siamo lontanissimi dal “verismo”. L’opera è impregnata di decadentismo sensuale ed anticipa il “chiacchierar cantando” di Strass e Janaceck. E’ anche un opera che richiede una prima donna di livello. “Adriana” è legata alle interpretazioni di Magna Oliviero, Renata Tebaldi, Antonietta Stella e in tempi più recenti Rajna Kabaivanka, Mirella Freni e Monserrat Caballè. Richiede una tessitura lirico spinta unitamente ad una grande presenza scenica. Da qualche anno, la Adriana più apprezzata, in Italia ed all’estero, è Daniela Dessì, vera trionfatrice dell’edizione scaligera , appesantita da un allestimento già demodè nel 1989 , quando debuttò, ed ora chiaramente fuori tempo per un teatro che vuole essere primario. Fabio Armiliato è un Maurizio dalla voce generosa e dal timbro chiaro, Luciana d’Intino una Principesa di Brouillon dalle nelle tonalità gravi. Triste il tramonto di Carlo Guelfi, ormai baritono caratterista. La concertazione di Stefano Ranzani , giustamente allievo prediletto di Gianandrea Gavazzeni, coglie le sottigliezze della partitura.
“Adriana Lecouvreur” dramma lirico in quattro atti di Arturo Colauti musica di Francesco Cilea
Regia: Lamberto Pugelli
Scene. Paolo Bregni
Concertazione: Stefano Ranzani
Protagonisti: Daniela Dessì, Luciana D’Intino, Fabio Armiliato, Carlo Guelfi.
Al Teatro alla Scala di Milano sino al 28 aprile.
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