Non esiste una precisa definizione giuridica del termine hedge fund e limitarsi alla semplice definizione letteraria di fondi di investimento che utilizzano tecniche di copertura puo’ essere fuorviante. Una definizione appropriata potrebbe essere: qualsiasi fondo che non sia un convenzionale fondo d’investimento, ossia qualsiasi fondo dove si usi una strategia o si usino una serie di strategie diverse dal semplice acquisto di obbligazioni, azioni (fondi comuni d’investimento a capitale variabile – mutual funds) e titoli di credito (money market funds) il cui scopo è il raggiungimento di un rendimento assoluto.Gli hedge fund vengono di volta in volta indicati come strumenti di investimento alternativi, fondi speculativi, fondi di fondi, sempre in contrapposizione con le forme di gestione dei risparmio di tipo tradizionale, regolate da leggi e regolamenti specifici che ne limitano l’operatività e il rischio. Nella vulgata, si pensa che hedge voglia dire rischio (spesso con forte leva finanziaria. Invece, il termine anglosassone hedge significa letteralmente copertura, protezione e, in effetti, questi fondi nascono con l’intento di gestire il patrimonio eliminando in gran parte il rischio di mercato e la loro filosofia è quella di ottenere risultati di gestione positivi indipendentemente dall’andamento dei mercati finanziari in cui operano. La nascita degli hedge funds risale al lontano 1949 quando il giornalista americano A.W. Jones fondò il suo fondo privato di investimento ottenuto dalla combinazione di due tecniche speculative: una posizione lunga in alcuni titoli e una corta in altri. Da allora la strada è stata lunga: a fine febbraio, ad una conferenza internazionale a Londra, circa 200 specialisti hanno esaminato se sia possibile (a fronte di tentativi intergovernativi di regolamentare il mercato) se sia possibile realizzare fondi con le proprietà degli hedge funds ma non richiedano commissioni pari al 2% del capitale investito e al 20% dell’utile lordo.
Pochi (anzi nessuno alla simposio londinese) si sono presi la briga di vedere come funzionano gli hedge fund islamici regolati nel 2004-2006, in base alla Sharia, dall’Accounting and Auditing Organization for the Islamic Financial Institutions (Aaoifi- sigla impronunciabile ma sempre più utile in un mondo in cui la finanza islamica ha una consistenza di circa 500 miliardi di dollari- quasi 400 miliardi di euro). In primo luogo, Michael Saleh Gassner, uno specialista di finanza del Medio Oriente, ricorda come l’equilibrio tra posizioni lunghe e posizioni brevi vige da sempre nei mercati a termine , ossia futures, delle spezie ed è, perfettamente in linea con il Corano. L’Aaoifi ha, in questi ultimi anni, regolamento alcuni suoi aspetti: con il regolamento 21, 3/11 ha vietato ad esempio la vendita future di azioni (Salam) ma con i regolamenti 21, 3/9 e 3/16 ha consentito il pagamento di una caparra per un’opzione revocabile (Arbun), aggirando , in gran misura, la prima disposizione. Numerose , poi, sono le regole Aaoifi in materia di leva finanziaria. Il combinato disposto di queste norme, tuttavia, non ha frenato la crescita degli hedge fund islamici. Il primo è il fondo Al Kawarusmi del 1997- un fondo a posizione neutra lanciato da International Investor ma chiuso due anni dopo in quanto non ha attirato un numero sufficiente di operatori. Migliore sorte sta arridendo a Al Fanar Us Equità Hedge Fund, Gabelli Merger Arbitrage Fund, Algo Al Qayyim Fund, Amiri-Capita and Swiss-Asia Mashriq Fund. Inoltre, la Société Génerale, la Deustche Bank , la Barclays Bank, il Crédit Suisse, la Citicorp ed altre istituzioni finanziarie hanno approntato prodotti specifici hedge in linea con la Sharia quale interpretata, sotto il profilo finanziario dall’Aaoifi. Il mercato, quindi, c’è. Restano tuttavia due questioni di fondo: non è detto che un manager islamico sia in grado di far rendere gli hedge fund della Sharia più della media; man mano che il mercato si allarga i rendimenti medi diminuiscono (come si è riscontrato nel 2006).
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