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CLT - Roma, sbarca l’opera americana con “A view from the bridge”
Roma, 19 gen (Il Velino) - La messa in scena, in collaborazione col Lyric Opera di Chicago, di “A view from the bridge” (“Uno sguardo dal ponte”) di William Bolcom è un avvenimento che trascende il fatto di essere la prima europea di un’opera americana di grande successo negli Usa. Da un lato, infatti, riallaccia il Teatro dell’opera di Roma a quella che è stata una sua buona prassi sino alla metà degli anni Sessanta, quando ogni “stagione” - composta di una ventina di titoli - c’era una prima mondiale o almeno italiana, sovente lavori commissionati dall’ente. Da un altro dà spazio alla “nuova opera americana”, distante dall’avanguardia alla Philip Glass o alla John Cage ma fatta per soddisfare le attese del grande pubblico e portarlo in teatro, alla quale tuttavia sinora sembra interessato soltanto il Regio di Torino, che anni fa ha proposto “A streetcar named desire” di André Prévin. Pochi in Italia hanno mai ascoltato, ad esempio, Sophie’s choice” (“La scelta di Sofia”) di Nicholas Maw, “Seven attempted escapes from silence” (“Sette tentativi di fuga dal silenzio”), un libretto di Jonathan Safran Foer messo in musica da sette giovani compositori di Paesi e scuole musicali differenti, “Doctor Atomic” di John Adams e tanti altri titoli che, nati negli Usa, hanno un grande successo in tutto il mondo perché trattano di argomenti noti e hanno una scrittura vocale e orchestrale diatomica, melodica e facilmente orecchiabile. Ho vissuto negli Usa per 15 anni (dal 1967 al 1982) e allora c’erano sì le innovazioni di Ginastera, ma i teatri venivano riempiti dai lavori di Thomas Pasatieri e Dominick Argento, i cui tempi e la cui scrittura erano molto graditi dal pubblico. Considero “The Seagull” del primo e “Passport from Marocco” capolavori assoluti dell’ultimo scorcio del Novecento. Negli Usa (e non solo) i teatri sono privati e le sponsorizzazioni sono agevolate sotto il profilo tributario ma i sovrintendenti devono tener d’occhio il botteghino (e gli stessi sponsor guardano con attenzione l’affluenza e il gradimento del pubblico).
A “View from the Bridge”, in cartellone all’Opera, è il dramma di Arthur Miller musicato da William Bolcom. Il lavoro di Miller, a sua volta, affonda le radici nel teatro greco: una prima edizione era un atto unico in versi, ma il successo internazionale venne assicurato dalla seconda versione in due atti e in prosa in cui gli italo-americani di Brooklyn hanno la funzione del coro e l’avvocato Alfieri quella del corifeo. Già nel 1961-62, proprio all’Opera era stata tenuta a battesimo un’opera di Renzo Rossellini (con regia di suo fratello Roberto) tratta dal lavoro di Miller; l’opera di Rossellini - di impostazione quasi pucciniana - era in lingua italiana ed ebbe un certo successo ma dopo qualche anno sparì dalle sale. L’opera di Bolcom, andata in scena a Chicago nel 1999, dopo varie produzioni negli Usa e un cd di successo, approda nel Vecchio Continente al centro di un interesse internazionale. Bolcom, premio Pulitzer per la musica, percorre l’itinerario musicale che fu di Gershwin e di Bernstein (anche se si avverte anche il segno di Berio), sente l’impegno sociale che lo porta a citare tra le sue fonti di ispirazione “West Side Story”. Bolcom stesso era presente alla prima romana. Presenti anche nomi famosi della prosa e del cinema: da Ilaria Occhini che fu interprete di “Uno sguardo dal ponte” con la regia di Luchino Visconti a Massimo Foschi, interprete teatrale negli anni Cinquanta con Raf Vallone e Alida Valli, da Michele Placido, protagonista di una delle ultime edizioni di successo, a Jean Sorel, che vestiva i panni di Rodolfo nel film di Sidney Lumet nel 1961.
Bolcom traduce in musica il fascino delle atmosfere del dramma americano con uno stile eclettico che coniuga gli stilemi del musical di Broadway e del verismo pucciniano. Bolcom, inoltre, attinge a piene mani alla grande tradizione musicale italiana e propone un dramma di grande attualità: una passione illecita che divora un uomo fino a fargli rinnegare tutto quello in cui ha creduto e a portarlo alla morte e accentua l’idea iniziale di Miller di collegarla alla tragedia greca. Raffinata l’orchestrazione, in cui i leitmotiv si intrecciano con un buon gioco timbrico. La scrittura vocale è imperniata sul declamato, ma non mancano due “ariosi” affidati al tenore lirico e al baritono di agilità e un duetto tra tenero lirico e soprano leggero. Di grande impatto la regia di Frank Galati (molto attento alla recitazione), le scene (a tre livelli) e i costumi di Santo Loquasto (scenografo di Woody Allen) di impronta cinematografica, sono in sintonia con il realismo drammatico dell’opera. David Levi ha concertato con efficacia. Tutto americano il cast e tutte voci di livello: John Del Carlo (Alfieri), Kim Josephson (Eddie Carbone), Dale Travis (Louis), Amanda Squitieri (Catherine), Amanda Roocroft (Beatrice Carbone), Gregory Bonfatti (Tony), Marlin Miller (Rodolfo), Mark McCrory (Marco). Apprezzamento dal pubblico.
(Hans Sachs) 19 gen 2011 13:27
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