domenica 23 gennaio 2011

IL FUTURO DELLA LIRICA? PER GLI USA E’ NELL’OPERA LOW COST , Avvenire 23 gennaio

IL FUTURO DELLA LIRICA? PER GLI USA E’ NELL’OPERA LOW COST
Giuseppe Pennisi
Il Lyric Theater di Baltimora è un teatro all’italiana di fine ottocento con oltre 2500 posti; vi cantò Enrico Caruso ed era la sala preferita da soprani come Rosa Ponselle e da baritoni come James Morris. Sino al marzo 2009 era anche la sede della Baltimore Opera (BO) che produceva quattro nuovi allestimenti l’anno e ospitava compagnie di altri teatri. Aveva un suo corpo stabile di artisti anche grazie al Peabody Conservatori (uno dei migliori degli Usa) localizzato nella città. La BO è stata una delle prime vittime della crisi che ha colpito Baltimora, la cui economia è basata su commercio e finanza. La Baltimore Opera ha dichiarato fallimento. Dal marzo 2009 nel manufatto si mettono in scena spettacoli rock-pop ed anche circensi, pur se una “Traviata” è in cantiere per il novembre 2011 ed un “Faust” per la primavera 2012.
Il baritono trentenne Brendan Cooke, elemento stabile della compagnia, trovatosi senza lavoro, avrebbe potuto cambiare mestiere oppure dedicarsi alla musica leggera. Ma voleva continuare a cantare l’opera. E con lui altri colleghi. I loro risparmi ammontavano ad appena 750 dollari. Sapevano che la Baltimora-che-può (ossia ad alto reddito) sarebbe andata, per la lirica, a New York o a Washington, ma che c’è la domanda insoddisfatta di chi non se lo può permettere. In 12 giorni dalla dichiarazione di fallimento della BO, mettevano in scena, in una sala da ballo (la Garrett-Jacobs Ballroom) con una capacità di 300 posti, una versione da concerto (ma integrale) del Don Giovanni; per fare sapere della rappresentazione utilizzarono i “social network”. La prima esecuzione, che sarebbe dovuta essere anche l’ultima, ebbe un successo tale che si dovettero programmare repliche. Ad una giunse anche il critico del maggior giornale locale, The Baltimore Sun. Recensione senza sconti: ottimi alcuni giovani cantanti, ancora “verdi” altri. Tale però da incoraggiare Brendan e soci: dalla fine del 2010 esiste la Baltimore Concert Opera (BCO), una onlus, con un bilancio di 100.000 dollari (un’inezia rispetto ai 4 milioni di dollari stanziati dal Metropolitan per il nuovo allestimento de “L’Anello del Nibelungo”), che metterà in scena quattro opere nel 2011. Gli abbonamenti volano.
E soprattutto l’esperimento fa proseliti. Visto il successo della BCO, altri artisti lasciati senza lavoro dal fallimento della Baltimore Opera, hanno creato l’American Opera Theater , la Cheasapeake Chamber Opera, Opera Vivente e The Figaro Project. Prima de “La Traviata” in calendario in novembre (se si farà), a Baltimora queste compagnie low cost metteranno in scena 40 rappresentazioni (senza contare quelle dell’affascinante teatrino del Peabody Conservatory). L’esperimento si espande a macchio d’olio: a Boston, accanto alla Boston Opera , funziona la piccola ma agguerritissima – lo dice il nome- “Guerilla Opera”.
Non che si suggerisca di chiudere le fondazioni liriche ed i teatri “di tradizione” ed andare tutti super-low cost. Tuttavia, costi medi (quelli della lirica in Italia) pari a 140% della media dell’Ue a 15 e 210% della media dell’Ue a 27 dovrebbero indurre a riflettere. La “Guerrilla Opera” è in agguato. Con mire espansioniste.

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