2011: IL DIFFICILE PERCORSO DEL RIEQUILIBRIO
Giuseppe Pennisi
Il 2010 appena concluso è stato un anno di crisi convulse nell’area dell’euro e della messa in atto di paratie per scansarle – argini testati, al momento in cui viene scritta questa nota, nei casi della Grecia e dell’Irlanda. Il 2011 appena iniziato si dovrebbe caratterizzare come l’anno in cui l’Europa, presa contezza delle profonde trasformazioni dell’economia internazionale, inizia un lungo e non facile percorso di riequilibrio. Le scelte di politica economica per l’Italia – quali che siano gli scenari politici – sono condizionate da questo percorso, e non possono essere compiute che nel suo alveo.
Il percorso è indicato a tutto tondo in un grafico del Global Outlook , lo studio annuale sull’economia internazionale prodotto dall’Istituto Affari Internazionali (I:A.I), pubblicato a fine 2010 – un lavoro che, per il provincialismo di molta stampa italiana sempre pronta a dare rilievo alla fonti straniere od internazionali, riceve meno attenzione di quel che merita. Il grafico illustra l’evoluzione dei consumi mondiali tra due gruppi di Paesi dal 2007 al 2025 . Il primo comprende Stati Uniti, Giappone, Francia, Italia. Il secondo Cina , India, Russia, Brasile, Messico, Corea del Sud. La Russia – aquila a due facce- appartiene ad ambedue in quanto sia “sviluppata” sia ancora “emergente”. Nel 2007, il primo gruppo rappresentava il 43% dei consumi mondiali ed il secondo il 24%. Nel 2025 – in base alle previsioni economiche I.A.I. (che tengono conto, a loro volta, di quelle di una ventina di modelli)- il secondo gruppo assorbirà il 40% dei consumi mondiali, il secondo il 37%. Nella loro cruda semplicità, queste due cifre fanno toccare con mano il, processo di trasformazione economica in atto. Mentre dall’inizio dell’Ottocento (quando l’economia di sussistenza imperversava in tutto il mondo e la somma del Pil di India e Cina era pari al 45% circa di quello mondiale), le innovazioni tecnologiche (meccanica, elettricità, telefonia) sono state per due secoli monopolio di un ristretto gruppo di Paesi del Nord del Mondo (Europa e Stati Uniti), la nuova ondata di innovazioni legate alla tecnologia dell’informazione e comunicazione ha quasi abbattuto le distanze di tempo e di spazio, spezzando il monopolio della creatività, e dell’innovazione.
Il percorso del riequilibrio è reso più difficile, specialmente per Usa ed Ue, dall’esplosione del debito pubblico innescata o aggravata dalla crisi finanziaria iniziata nel 2007- una pesante ipoteca sulle politiche di crescita differenti da quelle basate su una massiccia liberalizzazione nei servizi (di ardua attuazione a ragione delle ricadute occupazionali , almeno di breve periodo).
Quali le implicazioni dell’Italia? Il Governo ed il Parlamento (quale che siano i loro colori politici) dovranno tener dritta la barra dei conti pubblici: le stime più ottimistiche (dell’Economist Intelligence Unit) pongono al 120% il rapporto tra stock di debito pubblico e Pil, un’Himalaya che non si può scalare facendo leva sulla crescita che nei prossimi anni sarà molto contenuta (attorno all’1% l’anno) in tutti i Paesi dell’area dell’Euro (con l’eccezione della Germania). Inoltre la struttura produttiva del Paese , costituita da piccole e medie imprese specialmente nel manifatturiero, da elemento di forza (come sottolineato dalla Fondazione Edison) durante la crisi potrà verosimilmente diventare elemento di debolezza nell’uscita dalla crisi e nel futuro dell’economia mondiale. La Germania mostra di essere riuscita ad aumentare il grado d’internazionalizzazione (ora doppio di quello dell’Italia mentre era pari al nostro nel 1995-1999) tramite un processo di concentrazioni aziendali in cui servizi e manifatturiero sono stati integrati nella stesse imprese al fine aumentare competitività tramite una più efficace catena del valore.
Gli Anni Novanta - ricordiamolo – sono stati quelli della concentrazione del sistema bancario italiano (composto, all’inizio del periodo, da circa 600 istituti) attorno a cinque – sei poli. La politica pubblica dovrebbe adesso favorirne uno analogo nel manifatturiero e nei servizi.
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