Lula si è preso gioco dell'intera tradizione giuridica europea
Il caso Battisti
è uno schiaffo all'Europa
di Giuseppe Pennisi Sull’ultimo numero dell’autorevole trimestrale Journal of Common Market Studies Asle Tojie ha pubblicato un saggio su come l’Europa sia ormai diventata una “piccola potenza”, che rischia di contare sempre meno sulla scena globale. Il “caso Cesare Battisti” ne rappresenta un indice inquietante poiché l’ex presidente del Brasile non si è preso gioco unicamente dell’Italia ma dell’intera tradizione giuridica e sociale europea, una tradizione caratterizzata dal garantismo, dalla certezza della prova, dalla tolleranza e dall’assoluzione in caso di dubbio. Non solo Cesare Battisti è stato riconosciuto e condannato come delinquente comune macchiatosi di ben quattro omicidi (pur ammantati di un velo politico), ma la stessa Francia, pur dando ospitalità a lui e ad altri terroristi degli “anni di piombo”, ne ha ammesso le colpe , lo ha arrestato e i suoi tribunali hanno risposto positivamente alla richiesta italiana di estradizione. Il “caso” richiede, quindi, una risposta non solo italiana ma europea.
Tale risposta può avere differenti gradi: dal richiamo in Patria degli Ambasciatori dei 27 e del rappresentante della Commissione europea, nonché del rappresentante europeo per le Relazione esterne, in stanza a Brasilia sino a quando il “caso” non è risolto con l’estradizione d Battisti. Alla richiesta da parte dell’Unione europea che il Brasile venga escluso dal G20 in quanto le sue azioni sono contrarie al diritto ed alle prassi internazionali ed al trattato bilaterale con uno Stato Ue. Infine, blocco commerciale e finanziario al Brasile da parte dei 27: non dimentichiamo che sin dal Trattato di Roma, la politica commerciale è di competenza comunitaria, non dei singoli Stati dell’Unione, e i negoziati commerciali vengono tenuti non singolarmente da ciascuno Stato, ma dalla Commissione (nel cui ambito c’è sempre stato un Commissario deputato a questo scopo). In tal modo, le sanzioni morderebbero molto di più e renderebbero difficile al Brasile di giocare uno Stato europeo contro l’altro – ad esempio, dirottando verso la Francia o la Germania commesse che sarebbero dovute venire dall’Italia.
Non facciamoci impressionare dal potenziale economico del Brasile. Il Paese ha, sì, 200mila milioni di abitanti e un tasso di crescita sostenuto (le previsioni per il 2011 lo danno al 4,5% con un forte rallentamento rispetto al 2010- 7,5%) ma ha un reddito pro capite di 8mila dollari al cambio ufficiale e di 10mila dollari in termini di parità di potere d’acquisto – inferiore, per intenderci, a quello della Serbia e poco più di due terzi di quello della Bulgaria. Nonostante le proclamate politiche sociali adottate negli ultimo otto anni, il 50% circa del reddito affluisce ancora al 10% delle popolazione; quindi, le tensioni sociali sono lungi da essere sopite. Nonostante, infine, gli alti prezzi dei prodotti di base, di cui il Brasile è esportatore, il disavanzo dei conti con l’estero è un impressionante 3,2%- analogo, in proporzione, a quello degli Usa. Nel film, The World’s Next Supermodel, Marcelo Neri (il maggior consigliere economico di Lula) non nasconde che il Paese ha di fronte a sé una strada lunga e tutta in salita. Non è, quindi, in condizioni tali da fare il gradasso.
7 gennaio 2010
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