SCENARIO/ 2. Dagli Usa una "trappola" per Europa e Italia
Giuseppe Pennisi
mercoledì 8 giugno 2011
Ben Bernanke e Tim Geithner (Foto Ansa)
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Washington. La mattina del 7 giugno il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, è stato svegliato da una cattiva notizia (che rischia di avere conseguenze pure sull’Europa e sull’Italia): “L’effetto Bin Laden” (ossia il sussulto di popolarità che ha fatto seguito all’uccisione del leader terrorista) è svanito “nello spazio di un mattino”, per utilizzare un proverbio francese, e i sondaggi d’opinione lo danno in rapida discesa.
Non solamente due americani su tre affermano che “è sul binario sbagliato” in materia di politica economica e nove su dieci pensano che “l’economia va di male in peggio”, ma per la prima volta dal suo ingresso alla Casa Bianca, per le prossime presidenziali si profila un vero testa a testa con l’ex Governatore del Massachusetts Mitt Romney (ambedue con un tasso di probabilità di riuscita del 47%), nonostante si sia ancora lontani dall’inizio del processo di selezione dei candidati per le prossime elezioni.
Nonostante la ripresa economica in atto ormai da circa un anno, la disoccupazione continua a crescere e, soprattutto, aumenta quella di lungo periodo. A Washington, dove sto scrivendo questa nota, si avverte con particolare durezza il problema dei “veterani”, tornati da “missioni di pace” sparse per il mondo, spesso dopo aver perso un arto, quasi sempre con gravi disturbi psicologici e che non si riesce a immettere sul mercato del lavoro. “Una vera e propria bomba a orologeria”, mi dice il direttore del settore psichiatria dell’Arms and Navy Hospital, alle porte della Capitale e a una dozzina di chilometri dalla Casa Bianca.
In parallelo con i risultati dei sondaggi, è arrivata una notizia la cui importanza è stata sottovalutata in Europa: le dimissioni di Austan Golsbee dalla carica di Presidente del Comitato dei consiglieri economici della Casa Bianca per tornare alla propria cattedra di politica economica all’Università di Chicago. Golsbee era in congedo dall’ateneo dal 2007, quando si era posto al fianco di Obama (all’inizio della campagna elettorale). Dimissioni “amministrative”, poiché di solito le università americane consentono un congedo per non più di due anni?
Non proprio. La mattina del 7 giugno al breakfast buffet del Comos Club - il circolo più esclusivo della Capitale - tra uova strapazzate e caffè molti notavano come Golsbee fosse ormai in rotta di collisione con il duo Bernanke-Geithner, rispettivamente Presidente della Federal Reserve Board e Segretario al Tesoro. Ambedue hanno fatto catenaccio e intendono aiutare la ripresa e contrastare la disoccupazione con i metodi ortodossi della macro-economia keynesiana: spinta dell’acceleratore sulla spesa pubblica e sulla liquidità.
L’aumento dell’inflazione che ne conseguirebbe, secondo Bernanke e Geithner, avrebbe effetti sulla riduzione del rapporto nominale tra stock di debito pubblico e Pil. Golsbee invece ritiene che la strada giusta sia quella di ridurre la spesa e la pressione tributaria e di stimolare il mercato.
Molto più esplicite le proposte di Richard Rahn, Presidente dell’Istituto per la crescita mondiale (un think tank contiguo al pensiero repubblicano): a) ridurre la spesa pubblica del 20% (soltanto le spese per il funzionamento della macchina amministrativa federale sono cresciute del 30% dal 2008); b) bloccare qualsiasi aumento della tassazione su lavoro e capitale, i fattori di produzione su cui pesa l’onere della ripresa; c) congelare tutte le regolazioni e sottoporre ciascuna di essa a una rigorosa analisi dei costi e dei benefici per la collettività.
Il dibattito sulla politica economica americana naturalmente prosegue. È utile vedere le implicazioni per l’Europa. La strategia Beranke-Geithner ha (come già sottolineato da Il Sussidiario) una trappola: esportare inflazione, tramite il deprezzamento del dollaro oltre-oceano. Quella delineata da Rahn ha qualche assonanza con le raccomandazioni appena formulate dalla Commissione europea all’Italia, anche se gli eurocrati di Bruxelles non vedono fattibile una riduzione del carico fiscale e hanno una mentalità “regolatoria”- distante quindi dal punto c), a mio avviso il più originale e il più “sviluppista” tra quelli di Rahn.
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