giovedì 27 settembre 2007

PRODI SI E’ SCORDATO L’AGGIORNAMENTO DEL DPEF

Se tutto andrà come previsto da Prodi & Co. (ossia se nel processo di preparazione della finanziaria non si arriverà ad una rottura della coalizione ed ad una crisi di governo), domani 28 settembre sul tavolo del Consiglio dei Ministri, convocato per il pomeriggio, ci dovrebbe essere non solo la bozza di disegno di legge sul bilancio annuale e pluriennale dello Stato (il nome tecnico della finanziaria) ma anche la nota di aggiornamento del Documento di Programmazione Economica e Finanziaria (Dpef). Testo di cui nessuno pare voler parlare (forse per pudicizia).
Dal 28 giugno, quando TPS ha presentato il Dpef alla stampa in 26 diapositive su elegante fondale blu notte, sono passati tre mesi. Densi però di avvenimenti: le tensioni sui mercati finanziari connessi alla crisi della finanza strutturata basata (in parte) su mutui inesigibili, l’indebolimento del valore internazionale del dollaro (e di conseguenza l’aumento di quello dell’euro), l’infiammata dei prezzi del petrolio (e di molte altre materie prime e derrate alimentari), il collasso del negoziato internazionale Omc (Organizzazione mondiale del commercio) sugli scambi di merci e servizi, il cambiamento di guida al Fondo monetario ed alla Banca mondiale. L’elenco potrebbe continuare.
La base stessa di qualsiasi politica di bilancio sono le ipotesi in materia di scenario macro economico. Nella slides n.12 il sorridente TPS (il 28 giugno) dava a sé stesso (ed al Governo tutto) pacche sulle spalle autocongratulandosi per la crescita del 2% stimata per il 2007 e di quella dell’1,9% prevista per il 2008. Nelle ultime settimane, TPS ha parlato che nell’anno in corso la crescita sarà leggermente inferiore (circa 1,8%) ma non ha ancora presentato un quadro contabile completo e coerente, basato su lavoro econometrico. Silenzio completo – notte e nebbia potrebbe dirsi – in materia di 2008. Specialmente da parte del cauto VVV (Viceministro Vincenzo Visco) che di solito da il “là” al “tecnico” TPS.
Il 20 settembre il Centro Studi Confindustria (Csc) ha proposto stime econometriche per il 2007 (una crescita dell’1,7%) che non si distanziano molto dalle dichiarazioni di TPS unitamente, però, a previsioni per il 2008 che evocano un forte rallentamento dell’economia italiana(1,3%). Occorre tenere conto che il rallentamento stimato dal Csc non incorpora le previsioni più recenti , e più fosche, sull’economia americana (a cui l’andamento economico italiano è molto legato). Un’indagine dell’Economist Intelligence Unit (di cui il fascicolo del 22-28 settembre del settimanale britannico ha riportato un’ampia sintesi) vede un “world’s downturn” (addirittura recessione mondiale, anche se non molto profonda). Non molto più incoraggiante il confronto tra le previsioni Isae, Prometeia e Cer organizzato per la mattina del 27 settembre dall’Associazione Economia Reale , presieduta da Mario Baldassarri dell’Università di Roma “La Sapienza”.
Secondo miei calcoli preliminari c’è un’alta probabilità che nel 2008 l’Italia riporti una crescita rasoterra (inferiore all’1%) a ragione non solo del contesto internazionale ma anche della salassata fiscale attuata con la finanziaria 2006 i cui effetti su investimenti e consumi si avvertono di norma con un lasso temporale di un paio di anni.
Il rallentamento non giunge da solo, ma accompagnato da una nuova ondata di inflazione . Secondo la slide n. 13 di TPS l’aumento dei prezzi al consumo nel 2008 sarebbe dovuto essere soltanto dell’1,7%. Tuttavia, il forte sviluppo dell’Asia e dell’America Latina ha creato una nuova classe di produttori , e di consumatori, con una forte domanda di merci di ogni natura e, quindi, dei prodotti di base per farne manufatti. Negli ultimi cinque anni, i prezzi del petrolio sono aumentati del 158%, quelli del frumento del 126%, quelli del nickel addirittura del 415%. Alla Banca centrale europea, si stima che nel 2008 sarà difficile tenere la crescita dell’inflazione nell’area dell’euro al di sotto del 2% (come prescritto negli Statuti dell’istituto), alla Federal Reserve si ritiene che nell’eurozona l’inflazione viaggerà sul 2,5% l’anno, costringendo la Bce ad una manovra restrittiva.
Se l’aggiornamento del Dpef dirà tutto ciò, in termini chiari e trasparenti, dovrà anche giustificare una manovra di finanza pubblica analoga a quelle che si facevano negli Anni 80 con un occhio alla crescita e l’altro ai prezzi. Da tale manovra pare distinguersi molto la legge di bilancio che sta per essere vagliata dal Consiglio dei Ministri. La finanziaria (ed i collegati assortiti) dovranno essere comunque valutati (sotto il profilo macro-economico) alla luce di questi sviluppi. Futile dire che la crescita (che non ci sarà) genererà gettito fiscale per 6.050 milioni ed ancor più illusorio affermare che si taglieranno spese per 4.525 milioni riorganizzando gli istituti di previdenza e mandando a casa qualche anno prima qualche statale, professore universitario e magistrato. Significa dovere correre ai ripari già all’inizio della primavera. Sempre che allora non ci si vada a contare.

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